“Aldebaran” di Paolo Amoruso e Maria Grazia Vai

ALDEBARA_cover_amoruso vai«In questo colare di stanze ferite/ io sono un guerriero disarmato,/ che non sa dove cominci la strada/ e dove finisca il contorno del mare»

“Aldebaran”, un titolo insolito da dare a una silloge di poesie. Eppure ha un significato molto profondo. Si tratta infatti della stella più luminosa della costellazione del Toro. Il suo nome deriva dall’arabo e significa “l’inseguitore”, riferendosi a come la stella sembri seguire le Pleiadi nel loro moto perpetuo. Una stella fortunata che portava fortuna e ricchezza. E Aldebaran è proprio la musa ispiratrice dei due autori, uniti dallo stesso cielo.

Questa silloge è l’unione di due anime, di due pensieri diversi ma pur sempre complementari. La maggior parte delle poesie infatti, è stata composta insieme, eccezion fatta per qualche sporadica poesia solitaria dove si possono percepire le caratteristiche dei due scrittori. Lui, Paolo Amoruso, poeta pugliese giovanissimo e appena diciottenne, non è alle prime armi come sembrerebbe. Ha infatti già pubblicato la silloge “Piccole storie indaco” e il romanzo “La signora dei tulipani” nel 2011. E ora, dopo la partecipazione e la vittoria di vari concorsi eccolo collaborare con Maria Grazia Vai. Ma in cantiere c’è già un altro romanzo e la silloge “Fuggo per amore”.

Lei, classe 1964, di origini venete e siciliane ma nata nel Pavese, scopre la sua passione grazie ai brani musicali. Tra i tanti, sono stati di sua ispirazione Einaudi, i Pink Floyd e Norah Jones. Ma la sua poesia introspettiva e malinconica si fa subito sentire quando nel 2009 pubblica la sua prima silloge “Piume d’anima”, insieme a  Nunzio Buono, Tiziana Mignosa e Rita Minniti, per poi produrne un’altra, “Trentatresospiri”, insieme alla poetessa Tiziana Mignosa. Ma è nel 2010 che viene alla luce la sua prima silloge a solo dal titolo “Esserti”. Nel 2012 prosegue con la raccolta poetica “Verdeimperfetto” ed i racconti rouge/noir, “Sfumature in jazz” e adesso è in cantiere il suo primo romanzo e la sua sesta silloge.

Ossimori, enjambements, similitudini ma niente rime. Questo a sottolineare quant’è frammentata la vita ma soprattutto che non sempre è come la vogliamo. Usano anzi termini e tecniche poetiche complesse, come complessa è la vita.

Natura, vita, sogni e desideri, sono queste le parole che spesso ricorrono tra i versi intarsiati nelle trame del vissuto di ciascuno. I due poeti ci raccontano la vita attraverso la natura, le piogge e la neve che accompagnano il lettore in ogni poesia. Ma tra le tematiche cardine di questa silloge c’è sicuramente l’amore in tutte le sue forme e lo scorrere del tempo che non risparmia nessuno, neanche i più ispirati scrittori.

Le poesie, verso dopo verso, raccontano di momenti dei due autori che difficilmente si riescono a capire, a interpretare e due sono le cose che può fare il lettore: estraniarsi o trovare dei suoi attimi di vita da collegare agli istanti raccontati e messi nero su bianco. I due scrittori, Paolo Amoruso con fare più criptico e complesso e Maria Grazia Vai con il suo tono più essenziale, raccontano soprattutto di amori vissuti, amori sprecati, attimi rubati di amori infranti.

«Lo hai visto il profumo di un bacio?/ Quel frugare tra il disordine degli occhi/ per ricongiungersi alla riva di un pensiero,/ che punge come la punta di uno spillo/ tra le rose»

Sara Stefanini

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