Armstrong: il risultato di un ‘programma’? Ex campione d’Italia, Simeoni: “Sì, è stato studiato tutto alla perfezione”

the-program-trailer-italiano-foto-e-poster-del-film-sul-ciclista-lance-armstrong-1Diviso tra ambigue inchieste sul doping e sfide ciclistiche al limite dell’umano, può Lance Armstrong, da eroe dello sport trasformarsi in impostore? Da campione osannato dai media (se droghi un campione rimane sempre un campione!) a bugiardo professionista, anzi, professionale?
Evidentemente sì, perché quella di Armstrong è un mito al contrario, dove la magagna è stato il fiore di un segreto programmato a tavolino. Ma la domanda è: perché? Ovvero, perché uno sportivo deve farsi “cavia” affinché l’industria che ruota attorno allo sport possa proliferare?
Il ciclista texano, classe 1971, dopo aver miracolosamente sconfitto un cancro (ed è già questo un miracolo degno di nota) e battuto ogni record vincendo sette Tour de France consecutivi (dal 1999 al 2005) è ora il protagonista dell’ultimo film di Stephen Frears The program, che come recita il titolo “è tutto un programma”. Il regista inglese, già messosi in luce con Philomena, definisce il suo film non di tipo biografico, piuttosto una “crime story”. In una recente intervista afferma: “Hamilton si dopava insieme con Armstrong ma improvvisamente sembra avere un rimorso e decide di farsi indietro”. La scelta di Frears comunque è stata lucida, scegliendo di non avvalersi dei racconti dello stesso Armstrong  bensì basandosi su una ricostruzione imparziale.

Per interpretare il ruolo di Armstrong è stato scelto l’attore Ben Foster, bostoniano di 34 anni, già visto in Ingannevole il cuore più di ogni altra cosa per la regia di Asia Argento. Come molti credono erroneamente, il doping non è un mostro a tre teste, non è come farsi di ero, di coca, di ecstasy, ma soltanto un aiuto alle possibilità biologiche del corpo umano. Ma il problema è un altro, come ogni altra “droga” da’ dipendenza e nel caso Armstrong, questa dipendenza ha avuto effetti incredibili, combaciando con una resa sportiva al limite dell’umano. Quando vide i risultati Armstrong non si sognò nemmeno di tirarsi indietro, ma continuò, coinvolgendo anche i compagni, come lo stesso Tyler Hamilton, con l’aiuto di un medico italiano, (interpretato nel film da un brillante e quasi diabolico Guillaume Canet) il quale si è inventato probabilmente il più sofisticato e redditizio programma di doping della storia dello sport. Sono ovviamente discorsi limitati a singoli sport, perché non tutti sanno che sostanze ritenute lecite ad esempio nel football americano sono ritenute dopanti, se assunte oltre un determinato dosaggio, per esempio in altri sport che necessitano sforzi eccessivi, quali appunti il ciclismo o il nuoto.

Per Frears Armstrong è “Sempre secondo il regista inglese, la storia di Lance Armstrong è l’esempio perfetto per una parabola sulla vita, scegliere da che parte stare con l’opzione del compromesso. In questo Frears è stato superbo, raccontare “la nostra epoca di corruzione” come in alcuni grandi film di Rosi, uno su tutti lo splendido Cadaveri eccellenti.

filippo simeoniKaleidoscopia ha intervistato l’ex ciclista Filippo Simeoni, campione d’Italia 2008, il primo a denunciare il “doping-gate” che ha coinvolto e travolto la carriera di Lance Armstrong.

Quando è scattata in lei l’idea di voler “denunciare” Armstrong?
La mia denuncia non era rivolta singolarmente a Lance Armstrong; bensì all’intero sistema, ormai malato. Mi sono preso le mie responsabilità verso la magistratura inquirente per l’accuse che ho rivolto al medico Ferrari, che all’epoca seguiva Armstrong e altri noti ciclisti. Armstrong si sentì ferito di questa mia accusa, ma io non ce l’avevo con lui, ho a cuore il mio sport ed ero indignato dall’uso totale del doping nel ciclismo. Sono felice di aver rotto il muro di omertà che regnava nel nostro ambiente.

Crede che Armstrong sia stato il risultato di un “programma” (come recita il titolo del film di Frears) studiato alla perfezione?
Sì, senz’altro, il risultato di un programma sofisticato, studiato per durare un certo periodo di tempo, perché il successo nello sport purtroppo ha tempi limitati. Armstrong aveva conoscenze importanti nell’UCI (Unione Ciclistica Internazionale) e in un ambito perfettamente corrotto si è fatto ingolosire. Il resto è storia: sette Tour di fila!

Cosa le ha detto Armstrong per bloccare e isolare il suo attacco?
Tentò addirittura di non farmi convocare in squadra. Poi, in una tappa del Tour de France 2004, andai in fuga e lui mi raggiunse dicendomi che io avevo sbagliato a denunciare il doping e il dottor Ferrari e che lui aveva tempo e soldi e mi avrebbe distrutto quando voleva.

Da collega e avversario, cosa pensava di Lance Armstrong prima che scoppiasse questo putiferio?
Era un grande ciclista e lo stimavo, lo seguivo molto e fui felice quando superò quella brutta malattia. Rientrò eroicamente e fece quarto alla Vuelta di Spagna, era insomma un’icona. Poi iniziarono i dubbi, perse l’equilibrio, quell’equilibrio che ogni sportivo dovrebbe mantenere e fu ingoiato da un sistema più grande di lui.

Lei crede che il ciclismo sia ancora uno sport “agonisticamente” attendibile?
Il ciclismo è uno sport molto popolare, in alcuni paesi come il Belgio, l’Olanda, la Francia e l’Italia è alla stregua di una religione laica, è uno sport “vero” e dopo lo scandalo-doping credo che sia diventato ancora più “vero”, i controlli si sono intensificati, il sistema è serio e credo che oggi il ciclismo, in quanto a lealtà, sia un esempio per tutti gli altri sport.

Ignazio Gori

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