Chiesa: l’Imu la paga ma ecco le regole
Ciccimarra: «Scuole cattoliche in fallimento, chiuderanno presto»

L’EDITORIALE DI DIEGO CIMARA. Cancellata con un blitz l’Imu per le attività assistenziali e sanitarie se svolte gratis o dietro versamento di un importo ‘simbolico’, comunque non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe attività nel territorio. Le scuole paritarie non pagano l’imposta sugli immobili se l’attività è svolta a titolo gratuito o se il “corrispettivo simbolico è tale da coprire solo una frazione del costo del servizio, tenuto conto dell’assenza di relazione con lo stesso”. Così si legalizza il “nero”.

Lo prevede il regolamento del Tesoro sull’Imu a carico delle attività commerciali degli enti no profit, pubblicato in Gazzetta ufficiale, che definisce una materia oggetto di forti polemiche legate soprattutto alla tassazione degli immobili ecclesiastici. Gli stessi paletti sono previsti per le attività ricettive, quindi gli alberghi, gestiti dal mondo del no profit. In caso di immobili “misti”, dove si svolgono contemporaneamente attività profit e no profit, il regolamento prevede che il pagamento sia “proporzionale” in base allo spazio, al numero dei soggetti e al tempo di utilizzo. Restano comunque esenti dall’imposta le strutture sanitarie accreditate con il sistema pubblico. Adesso anche gli stabilimenti balneari diventeranno onlus.

Entro il 31 dicembre 2012 gli enti non commerciali che vogliono l’esenzione dall’Imu “devono adeguare il proprio statuto“, prevede ancora il decreto del ministero dell’Economia. Fatta la legge trovato l’inganno! Il nuovo statuto dovrà prevedere: il divieto di distribuire anche in modo indiretto utili; l’obbligo di reinvestire gli eventuali utili per scopi istituzionali di solidarietà sociale; l’obbligo di devolvere il patrimonio dell’ente non commerciale in caso di suo scioglimento a altro ente non commerciale. Così avremo crociere della caritas,casinò gestiti da suore,alberghi a 5 stelle con annessa cappella che devolveranno l’uno per un milione alla fame nel mondo e chi più ne ha più ne metta! “Imu a carico degli enti non commerciali, nessun blitz, nessun arretramento, ma conferma della linea di assoluto rigore e trasparenza più volte sostenuta dal governo”è quando si legge in una nota di Palazzo Chigi che precisa : per alleggerire l’Imu a carico degli enti non commerciali, la norma è contenuta “nel comma 6 dell’articolo 9 del decreto sugli Enti locali, su cui domani la Camera darà il voto finale, dopo aver votato la fiducia lo scorso 8 novembre”. Così,quando tutti pensavamo che anche il Clero dovesse pagarla, adesso arriva la norma ad hoc dell’esecutivo per addolcire la pillola ai religiosi.

Dopo la bocciatura del provvedimento da parte del Consiglio di Stato, Monti e professorini. Sono stati costretti ad accelerate la ratifica del regolamento che impone l’estensione della gabella anche agli edifici commerciali della chiesa. Ed è proprio la nuova versione del documento a contenere lo sconto- presa in giro. Il governo approva la nuova definizione di ciò che è “no profit”, esenta,cioè, il clero dal versamento dell’Imu. Un vera e propria ipocrita, pretesca presa per i fondelli nei riguardi di tutti gli italiani ligi al dovere di pagare la nuova gabella che era stata cancellata da Berlusconi. In base alla nuova definizione, la Chiesa ha una vasta gamma di ‘sconti disponibili’: “Non c’è attività commerciale, dunque non si paga l’Imu, se nello statuto dell’ente no profit si prevede il divieto di distribuire utili o l’obbligo di reinvestirli esclusivamente a fini di solidarietà sociale. O ancora se si inserisce l’obbligo di devolvere il patrimonio, quando l’ente si scioglie, ad altro ente no profit con attività analoga. E ancora, cliniche e ospedali sono fuori dall’Imu se accreditate o convenzionate con Stato ed enti locali, le loro attività assistenziali svolte “in maniera complementare o integrativa rispetto al servizio pubblico, a titolo gratuito o dietro pagamento di rette ‘di importo simbolico’. Scuole e convitti esentati se l’attività è ‘paritaria’ rispetto a quella statale e non ‘discrimina’ gli alunni. Le strutture ricettive, se la ricettività è ‘sociale’. E infine, per le attività culturali, ricreative e sportive fa fede ancora il compenso. Se ‘simbolico’, zero Imu. Con tutto ciò che ‘simbolico’ possa voler dire. E il rischio di esentare molto se non tutto”. Ma il Consiglio di Stato ora storce il naso e avverte la pericolosità del cambiamento ora che la Commissione di Bruxelles “potrebbe multare l’Italia per aiuti di Stato illegali e recuperare tali somme ‘condonate’, a partire dal 2006. Un danno che può valere fino a 3 miliardi, considerati gli incassi stimati dal governo (300-500 milioni l’anno)”. Tutto è partito dalla bocciatura al regolamento dell’Imu. Questo regolamento avrebbe dovuto spiegare come l’ente no profit deve compilare la dichiarazione degli immobili di proprietà. Gli sconti sono confermati nel decreto Enti Locali, nel numero 174, all’articolo 9, comma 6. Tre righe che ampliano la delega e modificano l’articolo 91 bis della legge liberalizzazioni che introduceva l’Imu anche per la Chiesa e i no profit.

«Nessuna scuola è gratuita, i docenti chi li paga? Con quali soldi?», protesta alla Radio Vaticana il presidente dell’Associazione Gestori Istituti Dipendenti dall’Autorità Ecclesiastica, padre Francesco Ciccimarra. «Tutte le scuole cattoliche –dice Ciccimarra – sono in fallimento, le chiuderemo in un anno, licenzieremo più di 200 mila persone». Secondo il presidente dell’Agidae «Una cosa così, ci distrugge tutti. Io giro l’Italia per fare contratti di solidarietà, con riduzioni dello stipendio del 25%. Sarà la fine delle opere cattoliche in Italia». Lesa maestà per coloro che l’hanno fatta franca dai templari in poi. Sia pure con toni meno perentori, neppure il Pd, partito collegato a un vasto arcipelago di associazionismo, accoglie con diniego le nuove regole: «Ci auguriamo che si sia privilegiata la salvaguardia del nostro patrimonio sociale anziché regole economicistiche che finirebbero per produrre costi sociali più alti», afferma la responsabile Welfare del partito Cecilia Carmassi. «Siamo  consapevoli che molta parte del terzo settore – dice – rischia di essere messo in crisi da un costo ulteriore ed insostenibile su attività che, giova ricordarlo, non producono arricchimento per chi le fa, ma rendono migliore le nostre comunità offrendo opportunità di aggregazione e relazioni che sono il primo fattore di salute delle persone».

Diego Cimara

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