Confindustria, Squinzi: «Imprese muoiono di fisco»
Prada: meno ferie e 400 euro in più sulla busta paga

Squinzi nuovamente all’attacco del governo Monti. Il presidente di Confindustria prima rinnova l’allarme: «Le nostre aziende stanno soffrendo, forse anche morendo di fisco». Poi, conversando coi cronisti a margine del congresso dei giovani dell’associazione, rimprovera direttamente l’esecutivo: «Il Governo non sta facendo tutto quello che sarebbe necessario per fare un salto di qualità». I giovani industriali: «Basta politici ladri».

LO SCENARIO ECONOMICO ITALIANO. Crisi, Istat: «Segnali incoraggianti». Ma crolla il potere d’acquisto delle famiglie. Lombardia, imprese in affanno ma la crescita continua. La rivoluzione di Prada:meno ferie e più guadagno, 400 euro in busta paga e 42 precari trasformati in tempo indeterminato. Crolla la spesa degli italiani per l’auto. Nel 2012 gli acquisti di vetture nuove scenderanno del 22% a 24,8 miliardi di euro, in linea con la contrazione delle immatricolazioni che è attesa al 20% a quota 1,4 milioni di unità. A tracciare il quadro è la ricerca annuale ”Il mercato auto a valore 2012” promossa dal Centro Studi Fleet&Mobility. La ricerca evidenzia una decisa contrazione degli acquisti di auto da parte delle famiglie (da 20 a 15 mld di euro), mentre scendono in modo meno significativo quelli delle società (da 6,4 a 5,1 mld) e dei noleggiatori (da 5,2 a 4,8 mld).

Tra le cause della flessione si registra il minore interesse per le auto di fascia medio-alta, mentre stanno tenendo meglio l’onda d’urto della crisi le vetture utilitarie. Negli ultimi due anni il giro d’affari complessivo è diminuito di quasi 10 miliardi, con vendite in calo di oltre 500mila unità. E a farne le spese sono i concessionari. «Un mercato che si stabilizza intorno ai 24 miliardi di euro – spiega il direttore del Centro Studi, Pierluigi del Viscovo – significa 18 miliardi di giro d’affari sotto il livello per il quale il sistema è strutturato». «In Italia sta chiudendo una concessionaria automobilistica al giorno, alla fine dell’anno saranno 350», avverte Romano Valente, direttore generale dell’Associazione delle case automobilistiche estere in Italia (Unrae).
«Circa 10mila persone rimarranno senza lavoro, un numero che è quattro volte quanto era il problema di Termini Imerese», ma senza che ci sia «la dovuta preoccupazione da parte del governo». A criticare il governo è anche il presidente di Federauto, Filippo Pavan Bernacchi, che accusa «l’accanimento fiscale con cui il governo Monti ha affrontato il settore attaccando sia l’acquisto che l’utilizzo dell’auto. Grazie a questa politica – dice – nel 2012 lo Stato introiterà 3,15 miliardi di euro in meno, mentre verranno bruciati 220mila posti di lavoro». La situazione è resa ancora più dura dalla legge di stabilità, che «inasprisce in modo brutale e cieco le vessazioni sul settore auto», denuncia Paolo Ghinolfi, presidente dell’associazione che rappresenta le società di autonoleggio (Aniasa). Tra gli aspetti più problematici del ddl, la deducibilità delle auto aziendali, che se fosse ridotta al 20% «metterebbe a rischio il futuro del settore». In questo contesto paga anche il settore dei veicoli commerciali. Le immatricolazioni italiane, rileva l’Acea, sono scese del 28,2% a settembre e del 34,6% nei primi nove mesi, mentre in Europa il calo è stato rispettivamente del 13,5% e del 10,3%.
Squinzi ritiene «che per la prossima legislatura serva una legittimazione politica molto più importante». A chi gli chiede se sia favorevole a un Monti-bis, risponde: «Non faccio una questione di nomi. Mi sta benissimo anche il professor Monti purché abbia una legittimazione elettorale». E sulla crisi economica, a suo parere acuita dalle tasse, il presidente di Confindustria suggerisce: «Bisognerebbe fare una spending review molto più decisa e tutti i fondi che si liberano dovrebbero essere destinati alla riduzione del cuneo fiscale per i lavoratori, le imprese, i cittadini».

OCCUPAZIONE. Il presidente di Confindustria è preoccupato per «una situazione economica molto difficile. Stiamo soffrendo da un anno e più anche a causa dell’impegno di raddrizzare i conti e questo ha portato ad un calo dei consumi interni che tutte le aziende stanno accusando in maniera forte». Ma il problema vero resta  «la disoccupazione che è al 10,7% che diventa il 12,5% se contiamo chi ha rinunciato a trovare lavoro. Ma il fatto tragico è la disoccupazione dei giovani al 35% e che in alcune aree del paese sfonda il 50%». Squinzi conclude: «Una situazione difficile, dunque, ma non dobbiamo perdere l’ottimismo, bisogna credere nel futuro e fare quanto possibile per la crescita».

PRADA. «Meno ferie e più guadagni», è la prima rivoluzione di Prada, alla quale si aggiunge ora la notizia della trasformazione di 42 contratti da tempo determinato a tempo indeterminato. Mentre le altre aziende rallentano i ritmi produttivi per la crisi, il gigante della moda guidato dall’aretino Patrizio Bertelli deve aumentare i ritmi per tenere il passo con gli ordini che corrono a tutto gas. Ecco allora l’accordo che cambia i rapporti sindacali nel gruppo. I dipendenti rinunciano a cinque giorni di ferie e in cambio avranno 400 euro in più in busta paga. Una ventata di novità assolutamente insolita in un mondo dell’industria prostrato dalla crisi che si applica soprattutto nel cuore produttivo del gruppo, lo stabilmento valdarnese di Prada a Levane, che è da solo il principale polo dell’industria provinciale. Ma Patrizio Bertelli non ha paura del costo del lavoro: non incide sulla qualità della nostra produzione nè sulla sua concorrenzialità, spiega in un’intervista a Repubblica, tanto che noi paghiamo stipendi superiori in media del 30 per cento ai livelli italiani e spesso superiori anche ai livelli europei. Sui contratti, Prada ha raggiunto un accordo che consentirà la trasformazione a tempo indeterminato di altri 42 precari. Nessuna deroga al contratto collettivo nazionale, al contrario una sua piena valorizzazione.

Diego Cimara

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