Consumi in calo al 5,8% rispetto all’8% del 2008
120 giorni di saldi all’anno che non danno profitto

Nel 2008, i soldi che le famiglie dedicavano all’abbigliamento e calzature era pari all’8%, nel 2012 ha raggiunto il 5,8% per un totale di 1,3 miliardi di euro in meno. “I consumi di oggi sono al livello del 1998, il Pil ai livelli del 1999, sacrificare la crescita vuol dire sacrificare i consumi delle famiglie e mancanza di lavoro per la tradizione manifatturiera”, ha dichiarato il presidente nazionale della Fismo Confesercenti, Roberto Manzoni e la contrazione della domanda alla quale si sta assistendo in questi ultimi mesi, “non ha paragoni negli ultimi vent’anni” e ciò ha comportato “la chiusura di molte storiche botteghe nelle maggiori città di tutta Italia”.

CONSUMI IN CALO. “Se lasciassimo più soldi in tasca alle famiglie si comprerebbero un maglione Missoni in più e un maglione cinese in meno”. A dirlo è stato Fabio Rizzi, senatore della Lega Nord in commissione Sanità. E proprio Vittorio Missoni, presidente di Missoni S.p.a., ha riferito con un po’ d’amaro in bocca, che in Italia ha solo sette punti vendita attivi, di cui cinque in grandi città turistiche dove per l’80% ad acquistare sono proprio gli stranieri. Poi ha uno spaccio aziendale e un outlet, dove a comprare maggiormente sono gli italiani. Mentre per quanto riguarda l’export Missoni, è pari all’85%. Questi sono dati che fanno riflettere. Le imprese italiane rendono più all’estero che nel Bel Paese. In un nuovo sistema, però, spiega Vittorio Missoni, «bisogna cercare soluzioni nuove, per esempio, le nostre vendite su Internet sono pari al 25%». E con un pizzico d’orgoglio confida che hanno appena aperto un punto vendita nel Kazakistan, segno evidente che i paesi in via di sviluppo sono terreno fertile per le imprese italiane. Per migliorare e stimolare lo sviluppo, conclude Vittorio Missoni, «Bisognerebbe applicare le leggi, che non mancano».

Leggi o non leggi, le imprese del settore che hanno chiuso tra il 2009 e il 2011 sono ben 40 mila ed i prezzi dell’abbigliamento negli ultimi tre anni sono stati costantemente sotto la media dell’inflazione generale. Il volume d’affari nel’ultimo quinquennio ha avuto un trend positivo del 14%, ma il reddito d’impresa ha sfiorato il -32%. L’Italia era la nazione “più elegante al mondo” e oggi il crollo dei consumi è pari al 50%, sottolinea Manzoni. Il consumo dei capi d’abbigliamento si è ridotto dal 14% al 5,8%, perché, spiega Fabio Rizzi, “le persone comprano prodotti cinesi che costano meno e per far quadrare il bilancio familiare”.

SALDI. Ma la situazione sembra non migliorare neanche in vista dei saldi che, di media, occupano 120 giorni l’anno. Ma i ricavi non aumentano. Stessa cosa per i 40 giorni dedicati alle promozioni. La quota del fatturato generata dai saldi è pari al 35%, mentre quella generata dalle promozioni il 10%. Lo sconto medio praticato, in costante aumento negli ultimi anni, è fra il 20% e il 50%. Sono i dati che Fismo Confesercenti ha presentato venerdì 16 novembre in occasione del Premio Moda 2012 assegnato alla famiglia Missoni. “Non può esserci un finto saldo tutto l’anno” commenta il presidente della Fismo Confesercenti Roberto Manzoni. C’è bisogno di correttezza “verso i nostri clienti”. Nonostante la pressione fiscale e l’incertezza del futuro, il consumatore non ha capacità di spesa, il problema non è che non trova i negozi chiusi, ma che non ha soldi e per gli esercenti, rimanere aperti tutti i giorni è un lusso”, ha spiegato Roberto Manzoni, presidente della Fismo Confesercenti.

CENTRI COMMERCIALI Vs BOTTEGHE. Nascono ovunque nuovi colossi ma chiudono continuamente antiche botteghe e piccoli negozi nei centri storici. Noi abbiamo sempre osteggiato i centri commerciali, certo, ci devono anche essere ma i comuni con i loro negozi hanno anche una funzione sociale e di ritrovo» ha detto Fabio Rizzi senatore della Lega Nord in commissione  Sanità che con un pò d’ironia ha continuato: «Ma la vecchietta deve pur trovar il pane sotto casa senza aspettare che la figlia la porti al centro commerciale di sabato». E, riferendosi ad una grande città come Roma, «I turisti non hanno possibilità di scegliere un prodotto e capire se è italiano o cinese». «In Usa ci sono solo centri commerciali, vogliamo fare la stessa fine o tutelare il nostro piccolo pezzo di cielo? Questo ci caratterizza e ci differenzia dal macro», così Rizzi ha parlato a favore delle piccole imprese.

OUTLET. Oltre ai centri commerciali, anche gli outlet sembrano presi di mira dagli esercenti. «L’outlet prende in giro i consumatori. C’è l’invenzione del prezzo di partenza e del prezzo finale e così il consumatore è convinto di aver fatto l’affare della sua vita» ha detto convinto il presidente della Fismo Confesercenti Roberto Manzoni. E sulle vendite online, arriccia il naso e afferma: «Preferisco andare a Bologna con la macchina e vendere piuttosto che caricare dieci foto del prodotto su internet che ci mettono ore a caricarsi». Ma la contraffazione è un altro tema che attira i consumatori e affligge gli esercenti e gli imprenditori. «Non mi sembrano che i controlli siano adeguati a tutelare per combattere le varie storture. Alcune non sono sufficienti», ha aggiunto Rizzi.

Sara Stefanini

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