Deep in Music, la rubrica di musica e psicologia
Volete vivere un esperienza di trance?
Leggete le parole di Nataraja!

Booohmmm con il Didgeridoo in BelgioVi ricordate qualche mese fa quando vi ho raccontato di come un ragazzo con in mano strumenti aborigeni incantava me e le vie di Bruges? Vi ho narrato le suggestioni e le emozioni nello scoprire quanto sia fantastico prendere il nuovo e il vecchio, miscelare insieme strumenti di culture ed epoche diverse con i più nuovi ed ampi scenari sonori della nostra epoca. Ho rintracciato l’artista in questione, ho scoperto che aveva il mio stesso nome (tradotto in fiammingo!) e che il suo nome d’arte è Nataraja. Non sapete cosa significa? Allora leggete l’interessantissima intervista fatta in esclusiva su Kaleidoscopia. E’ solo il primo articolo della nuova rubrica Deep in Music.

Quando e com’è stato il tuo primo approccio alla musica?
Il mio primo contatto con la musica l’ho avuto prima di nascere quando ho dato i primi calci a mia madre: così le mie connessioni con il suono e la musica vanno indietro fino ai primi anni di vita. Ho iniziato a prendere lezioni di piano classico quando avevo nove anni per quattro anni. Verso i sedici anni ho iniziato a comporre musica con una nuova percezione: esprimersi attraverso la semplice intuizione. Senza alcun tipo di spartito o forma scritta, tutto connesso col momento che stavo vivendo in quel preciso istante.

Come sei arrivato a questo tipo di musica?
Quando ho sentito parlare della trance psichedelica nella musica per la prima volta, ho realizzato che poteva essere una dimensione sonora molto profonda. La musica può effettivamente creare diversi stati di coscienza. Noi la chiamiamo ‘trance’, uno stato in cui il cervello smette di pensare, un momento in cui siamo molto vicini al nostro io più profondo. Questo tipo di visuale è stato una sorta di modello per me. Ho cominciato a viaggiare per il Nepal e ho scoperto il murchinga, un tipo di arpa a bocca ed è in Himalaya che ho capito come si potesse trovare un’ampia  gamma sonora grazie all’aiuto del proprio strumento. Ho capito quanto fosse bello creare una sorta di trance con gli strumenti, invece che ascoltare direttamente la musica elettronica. Un giorno una donna che mi stava ascoltando mentre suonavo mi ha detto sicura di sé: ‘hey dovresti suonare il didgeridoo!’ e così seguii il suo consiglio.

Spiegaci in poche parole il significato del tuo nome?
Nataraja significa ‘la danza di Shiva’, che è un Dio importantissimo per la religione Induista. Quando questa divinità danza una gran quantità di fuoco fuoriesce dal suo terzo occhio e distrugge l’intero universo. Ogni distruzione è una nuova creazione, per questo è meglio conosciuto come il creatore di una nuova vita.

L’esperienza del viaggio è essenziale per conoscere la cultura di un paese e le sue usanze. E’ lo stesso anche per la musica?
Non credo che una persona debba recarsi nel luogo di origine di uno strumento per capire la sua essenza. Ovviamente aiuta, ma è anche possibile trovare l’ispirazione giusta nel proprio paese o in un qualsiasi altro paese del mondo. Personalmente spero di andare presto in Australia ma per ora sto imparando a suonare in Belgio, in Olanda e ovviamente imparo moltissimo durante i miei viaggi in America Centrale, India e Europa. In realtà gli aborigeni australiani suonavano il Didgeridoo da centinaia di anni e lo utilizzavano maggiormente per scopi cerimoniali, per connettersi con l’essenza del proprio spirito e dell’esistenza. Il suo ruolo non era quello di ‘fare musica’ , per questo motivo lo utilizzavano per creare un suono ritmico e monotono. Il sound è incentrato sulla trance, non sulla bellezza o la variazione della musica. Da quando è stato scoperto nella civiltà occidentale, da qualche decennio, è nata una nuova prospettiva per suonarlo: il mio modo di suonarlo non è strettamente legato alla tradizione, ma proviene da un tipo di espressione libera di me stesso, pur rispettando le origini dello strumento e delle persone che lo suonavano.

Parlaci dei tuoi strumenti, potresti spiegarci la loro tecnica.
La mia specialità sono gli strumenti ipertono che hanno una scala di base con cui si ha la possibilità di creare scale più alte che sono in armonia con la tonalità generale. Proprio per la ripetizione di una stessa scala di base le nostre onde celebrali rallentano e si rilassano inevitabilmente, è uno stato di trance. Suonare il Didgeridoo è controllare il respiro, che cresce a poco a poco in modo automatico. La tecnica utilizzata è quella del ‘respiro circolare’: si respira profondamente con il naso e si butta l’aria con i polmoni. Per questo si può creare un suono continuo. Più controlli il tuo respiro circolare, più suonerai meglio lo strumento. Si utilizza tutto il corpo, è un esercizio fisico e mentale allo stesso tempo.  Suonare in modo rilassato è necessario, se sei stressato o turbato non funziona ed il risultato è fallimentare. Bisogna essere anche costanti se si vogliono ottenere dei risultati. Ci vogliono settimane o mesi prima che il suono sia fruibile attraverso la tecnica del respiro. Accertatevi solo che durante la vostra pratica siate in pace con i vostri vicini!

Qual è il tuo concetto di musica e cosa vorresti trasmettere con i tuoi brani?
In tempi antichi le persone co-creavano per ritrovare i suoni della natura. Questo è il tipo di musica alla quale sono particolarmente legato. La musica di adesso è estremamente complessa ed interessata al bello legato alla tecnica o al saper intrecciare tanti strumenti diversi. La mia opinione è che ci sono diversi svantaggi per questo tipo di atteggiamento. Nel momento in cui entra l’intenzione dietro la musica essa diventa impura. Ormai le radio sono sature di musica che hanno il solo fine di vendere e riconoscendo alla musica un forte potere che non per forza debba essere positivo credo che questo abbia un impatto negativo  su chi ascolta. Il mio intento è quello di creare un tipo di musica che bilanci l’energia tra l’ascoltatore e me stesso e di avvicinarlo il più possibile alla natura e a se stesso. Per questo le mie ritmiche e le melodie che creo sono attente a ricreare quelle che ascolto direttamente in natura.

Quali sono i tuoi progetti futuri?
Recentemente sto lavorando ad un progetto nascente con un ragazzo messicano. È un acrobata e fa molte performance di strada. Stiamo lavorando su una performance in cui il movimento e il suono si incontrino, insieme alla folla della gente che si trova per strada. Con questo tipo di evento noi vorremmo portare l’energia che è dentro di noi alle persone della società occidentale. Un altro progetto al quale lavoro è la creazione di un grande concerto con tanti musicisti che vogliono fare musica attraverso la spiritualità e la meditazione. Lo scorso mese ho suonato in un concerto sperimentale insieme a ventuno artisti! Tutti con la stessa intenzione. Ascoltare ciò che lo Spirito vuole farti suonare, senza che nessuno prevalga. Dopo questo spettacolo ne metteremo su un altro il prossimo anno.

Martina Sanzi

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