Faccia a faccia Bersani-Renzi:
sorrisi, stoccate e scintille su alleanze

Tempi serrati, ricette diverse, molti punti di convergenza e ancora una volta distanze siderali e scintille soprattutto sulle alleanze. Il confronto tra Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi scorre per le quasi due ore di diretta con un sostanziale rispetto reciproco, diverse stoccate e molti sorrisi alle battute l’uno dell’altro. Il tema che ha ancora una volta diviso, in modo strategico, i due contendenti delle primarie del centrosinistra, sono state le alleanze per il dopo voto. Porte aperte per Bersani a Nichi Vendola e Pier Ferdinando Casini, strada sbarrata ad entrambi per Matteo Renzi. Su questo tema gli animi si sono surriscaldati.

Invece del ‘profumo di sinistra’ chiesto da Vendola, “sento profumo di inciucio” quando si parla del leader Udc, ha detto Vendola.
Poi ha messo in guardia da un bis del fuoco amico della sinistra radicale verso i governi di centrosinistra, piu’ volte citati per i loro errori. Ma Bersani lo ha liquidato con una battuta: “Quando siamo andati da soli ha vinto Berlusconi”.
Eppure la partenza era stata soft, con qualche stoccata morbida. Se Renzi ha proposto di aumentare gli stipendi di 100 euro al mese a chi ne guadagna meno di 2000 e di “mettere in po’ di soldi in tasca al ceto medio”, Bersani ha replicato chiarendo che non promettera’ “venti miliardi” ma puntera’ su concrete. Divisi anche in politica estera: Bersani ha chiesto il si’ dell’Onu alla richiesta dell’Anp di un seggio da osservatore, Renzi si e’ mostrato tiepido e ha ricordato che Usa e Gb hanno gia’ detto no.

Se Bersani ha proposto di ricontrattare l’accordo sugli F35, Renzi lo ha invitato “a non fare demagogia”. Se Renzi ha promesso un governo con soli 10 ministri, la critica velata di demagogia e’ arrivata da Bersani che ne ha proposti 20. Poi il clima si e’ riscaldato. Renzi e’ tornato su un dei leit motiv della sua campagna: il taglio dei vitalizi e dei costi della politica. E dei finanziamenti ai partiti. D’accordo su quasi tutto Bersani, tranne che sui fondi alla politica. Alleanze, finanziamento pubblico dei partiti, lotta all’evasione. Sono alcuni dei punti caldi dello “spareggio” televisivo . Renzi, in ritardo di nove punti percentuali dopo il primo turno, rinnova il suo stile spigliato e, privo di giaca, lancia i suoi cavalli di battaglia: “L’alleanza con l’Udc, sa tanto di inciucio”, spiega rievocando l’esperienza incompiuta dell’Unione. Raccogliere il voto dei moderati significa non regalarli al centrodestra e a Berlusconi, ribatte Bersani, sicuro che una coalizione allargata del centrosinistra sia “in grado di governare”. Il segretario ha anche ripreso una polemica emersa nelle ore precedenti ricordando a Renzi di “non aver inventato Equitalia”. “Ma su quello non siamo stati all’altezza”, ha risposto il sindaco citando i 2547 giorni passati al governo” dalla sinistra.

Netto il distacco sul tema dei costi della politica: “Non siamo contrari al finanziamento pubblico ai partiti”, osserva Bersani. Va tolto subito, ribadisce lo sfidante. “Da Clistene a Pericle, in Grecia decisero che in democrazia la politica prendeva un sostegno pubblico”, ha ricordato, “non mi rassegno che la politica la possano far solo i ricchi…”.   Tagliente la replica di Renzi: “Ho rispetto per Bersani, ma passare da Pericle a Fiorito…”.  Il sindaco ha piu’ volte attaccato il segretario per il suo passato di ministro e di big del Pd: “Hai governato 2547 giorni” gli ha ricordato, per poi rinfacciargli di essere stato ministro di un governo che non ha fatto la legge contro il conflitto di interessi e di essere non ‘colpevole’ personalmente ma parte integrante di un gruppo dirigente che, con Sel, ha affossato per due volte il governo Prodi. Ma il segretario non si e’ fatto mettere nell’angolo e da meta’ del dibattito le parti si sono invertite. “Non tutti gli ultimi vent’anni sono uguali. Certo nessuno e’ perfetto, ma se avessero lasciato alcune misure fatte da noi, la crisi sarebbe stata diversa”. Poi la stoccata a Renzi: “Attento a non usare gli argomenti dell’avversario. Garantiamo all’Europa e al mondo che siamo in condizioni di governare, questo non puo’ essere messo in dubbio”.

Botta e risposta sull’eredità dei governi del centrosinistra nella politica industriale. “Nessuno è perfetto – afferma il leader Pd replicando a Renzi – per l’amore di Dio, ma non mettiamo insieme tutti gli ultimi 20 anni e i nostri governi con quelli della destra. Noi sulla politica industriale abbiamo fatto molte cose”. “Certo – ribatte Renzi – Berlusconi ha deluso tutti, ma noi non abbiamo capito la strategia per i nostri figli”. Bersani a questo punto taglia corto: “Discutiamo davanti a una birra..”. Primarie social: Renzi vince su Twitter, ma è la tv a guidare i trend Pubblicato studio social: Renzi al top, Bersani presidia. Meno tre alla fine dei giochi. Mentre milioni di elettori attendono di tornare alle urne, domenica, per decidere il candidato premier del centrosinistra al ballottaggio tra Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi, si traggono i primi bilanci sull’evento che, ormai da settimane, sta tenendo banco su tutti gli organi di informazione.

Nessuno ignora, ormai, che la preferenza degli elettori non la si acquisisce più – o non esclusivamente – con le tribune monodirette, i comizi stantii e le investiture al buio dei comitati di partito. Oggi, la solidità di un candidato e il suo essere al passo coi tempi si misura principalmente in base a un altro indicatore: la capacità di presidiare i social media. Lo si è visto con i grandi successi elettorali di Obama, precursore della politica 2.0, o, in terra nostrana, sul tam tam ottenuto dai quesiti referendari del giugno 2011 che, con sorpresa dopo un passaggio anonimo negli schermi televisivi e sulle pagine dei maggiori quotidiani, raggiunse sorprendentemente il quorum per dire no al nucleare e alla privatizzazione dell’acqua.

Diego Cimara

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