Il reportage. Marocco, terra dai mille colori
#1, Dall’aeroporto a Marrakech

Una terra a volte abitata, a volte deserta, a tratti scolorita. Una terra che ha una storia, antica, e che comincia da molto lontano. Una terra piena di grinze e cicatrici, con un paesaggio che sembra un presepe. Una terra arida, una terra che non perdona, che non accetta compromessi. Siamo in Africa, il continente di tutti i continenti, la culla dell’umanità. GUARDA LA GALLERY

Ogni uomo, almeno una volta nella vita, dovrebbe tornare alle sue origini, lì dove tutto è cominciato, lì dove gli albori della storia hanno creato le loro fondamenta. Dal giallo al verde, dall’ocra al marrone, qualche kasbah qua e là, poche strade, zero macchine. Almeno questo è quello che appare dal finestrino dell’aereo. Prima si vedono pianure, poi deserti e poi ancora le dune, le montagne, gli specchi d’acqua, le oasi. È un finestrino magico questo, da qui niente sembra modificato dall’uomo. È la manifestazione pura della natura, in tutta la sua bellezza, in tutto il suo splendore.

Inseguendo il giorno e il sole per lasciare alle mie spalle la notte, avanzo e arrivo alla città rossa: Marrakech. Il porto umano dell’Africa del Nord, l’Africa Mediterranea. Atterro all’aeroporto, non troppo distante dalla città, appena 15 minuti di taxi. L’aeroporto è ultramoderno, spaziale, bianco  e solenne. Il taxi un po’ meno. Un vecchio modello di Mercedes guidato da un tassista molto simpatico e che con orgoglio mi dice: «Questa è una Mercedes eh!». E ci credo, ma non volevo ferirlo moralmente elencandogli gli ultimi modelli del brand.

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Mano di Fatima attaccata allo specchietto e via, si parte per una città a me sconosciuta. Lungo la strada, motorini alimentati da cherosene sfrecciano a destra e a sinistra. In sella, due, tre persone, vestiti con abiti tipici, di quelli lunghi che con il vento si gonfiano. Arrivo in una piazza senza nome, (perché, ahimè, le strade non hanno cartelli) e con un benvenuto non troppo caloroso, scendo dal taxi e dei cordiali signori mi conducono nella riad, tipica “casa” marocchina adibita a bed&breakfast. Sistemazione che consiglio vivamente al posto degli hotel, se si vuole respirare pienamente l’atmosfera marocchina. Vicoli stretti e cunicoli bui mi portano dritta alla porta della riad e ad accogliermi, tanti gattini. Sono stata fortunata, la riad è pulita, ben ristrutturata e con il tipico arredamento marocchino. Niente di negativo da dichiarare. Vi lascio sorseggiando un buonissimo the alla menta, tipico da queste parti e assolutamente rinfrescante.

Non perdere il prossimo capitolo di Marocco, terra dai mille colori: #2, Piazza Jermaa-el-Fna e la Medina

Sara Stefanini

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