Intervista a Simona Zecchi, autrice del libro “Pasolini. Massacro di un poeta”

Simona Zecchi libroKaleidoscopia.it intervista la giornalista freelance Simona Zecchi autrice del libro-inchiesta “Pasolini. Massacro di un poeta” edito da Ponte alle Grazie. Il libro, giunto in pochi giorni alla seconda edizione, propone ai lettori un dettagliatissimo percorso che sviscera ogni pista possibile che si dirama dalla notte del 2 Novembre del 1975 come un caleidoscopio di misteri, molti dei quali vanno a comporre una mappa geografica di oscuro terrore, humus della recente storia del nostro Paese, dagli “anni di piombo” fino all’attuale “romanzo criminale”.

Si avvicendano testimoni oscurati, messi a tacere, e i lati meno scandagliati di Pino Pelosi, sotto l’ombra dei picchiatori fascisti, dei fratelli Borsellino, di altri plausibili concorrenti al delitto, Antonio Pinna, Johnny “lo Zingaro”, di ambigui avvocati e forze dell’ordine colluse, nonché degli oscuri burattinai dell’agguato. Qual è la verità sul caso Pasolini? Simona Zecchi, con l’aiuto di foto inedite, sinora segretate, ci fornisce la chiave senza giudicare nessuno, servendosi della mera forza della ragione, un percorso privo di faziosità, per amore del vero e della legalità storica.

QUALE ERA LA SUA CONSIDERAZIONE SU PASOLINI PRIMA DI CONCEPIRE IL LIBRO “PASOLINI. MASSACRO DI UN POETA?”
Lavoro sulla morte di Pasolini da cinque anni. Lavorare sul “caso” non vuol dire occuparsi solo della morte ma soprattutto della sua vita, e dunque di ciò che ha scritto, rilasciato, girato, diretto, ecc. Ogni volta che mi accosto a un testo di Pasolini scopro qualcosa di nuovo, qualcosa che scritto, affermato o “immaginato” quaranta anni fa e oltre, sembra ancora oggi rappresentare una sorpresa continua. Per me Pasolini è stato sempre un autore, un Poeta sorprendente. L’idea del libro si è affacciata solo un anno e mezzo fa, ma è il risultato di tutto ciò da me affrontato in questi cinque anni, mi riferisco anche alle cose sulle quali poi ho cambiato idea e anche quelle che non ho ritenuto necessario inserire, sono risultate importanti ai fini del libro.

COS’ERA CHE L’HA SPINTA A UNA VERA E PROPRIA “NUOVA INDAGINE”, SMONTANDO COME IN UN PUZZLE LE INDAGINI GIUDIZIARIE DELL’EPOCA?
Il fatto che dal punto di vista giudiziario si lavorasse sempre in modo parziale, pur avendo tutta la documentazione disponibile. A un certo punto ho capito che ricercare – a livello cartaceo – tutto il possibile (foto, deposizioni, documenti, ecc.) poteva avere come risultato analisi diverse da quelle che si potrebbero ottenere con elementi solo parziali. Da lì la necessità di fare tabula rasa. Poi c’è anche un motivo strutturale: è dal 1995, anno in cui il regista Marco Tullio Giordana porta nelle sale il film “Pasolini, un delitto italiano” fatto precedere dal libro omonimo, che non arriva una pubblicazione che racchiuda l’ultima e copiosa “mole documentativa” aggiornata dell’atroce massacro dell’Idroscalo, giunto ormai alla ricorrenza del quarantennale.

DOV’E’ CHE HA RISCONTRATO LE MAGGIORI DIFFICOLTA’? E C’E? STATO UN MOMENTO IN CUI AVREBBE VOLUTO MOLLARE?
Ogni giorno ho provato sconforto, ma mai la voglia di mollare. Il reperimento di tutta la documentazione storico-giudiziaria, relativa al processo di Pino Pelosi, è stata una delle fasi più difficili perché non avevo la certezza definitiva di poterne entrare in possesso e poi ci sono state le volte in cui ho dovuto affrontare aspetti incomprensibili, contraddizioni … Aspetti questi del tutto normali in un caso del genere, dove tutto deve volutamente restare fuori dalla “linearità”.

PERCHE’ IL “CASO PASOLINI” E’ COSI’ OSTEGGIATO, INSABBIATO, AMBIGUAMENTE TRATTATO, SIA DA PARTE DELLO STATO, DELLA MAGISTRATURA INQUIRENTE E ANCHE NELLA CONSIDERAZIONE POPOLARE?
Perché scoperchiare tutto il “caso Pasolini” potrebbe significare svelare l’intera strategia che settori dello Stato hanno usato – e che in maniera diversa tuttora utilizzano – per coprire operazioni scomode. Questo è valido per altri casi di questa levatura, come ad esempio il “caso Moro”.

QUALI SAREBBERO I RISCHI DI UNA “VERITA’” (O DELLE VERITA’) FINALMENTE SVELATA?
Scrivere nero su bianco, come avrebbe potuto fare Pier Paolo Pasolini se avesse potuto continuare a scrivere “Petrolio”, le complicità di chi ha governato e di chi ancora oggi ha un ruolo pubblico o simbolico, che sia deceduto o meno, rappresenta per questo Paese ancora un rischio.

CON IL SUO LIBRO CHE HA VOLUTO – PIU’ DI QUALUNQUE ALTRA COSA – SUGGERIRE?
Che quello ai danni di Pier Paolo Pasolini è stato un “Massacro tribale”: per la quantità di persone coinvolte, la violenza e la precisione usate; per le modalità che ancora oggi si utilizzano per perpetrare a livello culturale quel massacro provando a spegnere la forza del messaggio insito nelle idee del poeta e di condurlo all’oblio.

SECONDO LEI, PIER PAOLO PASOLINI, CHE POSTO OCCUPA NELLA COSCIENZA ARTISTICA E CIVILE DI QUESTO PAESE SENZA MEMORIA?
Pasolini non ha una collocazione condivisa. Fondamentalmente la coscienza di questo paese (o la non-coscienza, a seconda del lato da cui si guarda) è per quanto riguarda Pasolini divisa in due “fazioni”: quella che lo adora e che continua a leggerne le opere (purtroppo spesso – ma senza generalizzare – in modo acritico e con vocazioni puramente idolatre, scadendo in altri eccessi), senza dimenticare, almeno da ciò che ho imparato, che una parte del mondo “pasoliniano” è popolato da egocentrici; manca cioè del profondo e sincero senso critico che invece Pasolini ci indicava come indispensabile. Ovviamente in questa “fazione” ci sono anche sinceri appassionati che vivono l’opera di Pasolini come una continua scoperta e che pensano che la verità sulla morte possa restituire l’integrità del grande intellettuale, scippata a tutti noi quella notte scellerata. Poi come dicevo c’è l’altra “fazione”, la quale preferirebbe che lo si dimenticasse, come letterato, come uomo e soprattutto come intellettuale.

IGNAZIO GORI

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