Intervista alla ‘vedova del jazz’. Per Roberta Escamilla Garrison “il talento va sempre premiato”

roberta_garrisonRoberta Escamilla Garrison, danzatrice, è nativa di San Francisco, California. Inizia a ballare all’età di cinque anni presso il San Francisco Ballet School. Negli anni ’60 si trasferisce a New York e sposa il grande bassista Jimmy Garrison, che suonerà a lungo con il leggendario John Coltrane. Danza e collabora con Elaine Summers e Viola Farber in performace rappresentate in teatri, appartamenti privati, musei e persino in strada. Coniugando il linguaggio della musica alla libera espressione del corpo, lavora con molti grandi del jazz. Alla fine degli anni ’70 arriva in Italia, collaborando con tutti i più grandi jazzisti nazionali, e continuando a sperimentare nuove frontiere della danza moderna. Per molti anni si è dedicata all’insegnamento.

LEI HA INIZIATO A BALLARE MOLTO PICCOLA. COSA L’HA PORTATA NEL CORSO DEL TEMPO AD AVVICINARSI AL JAZZ?
Io sono cresciuta nel mondo del jazz. Mio padre si chiamava Roberto Escamilla, d’origine messicana, e negli anni ’30 divenne il medico di molte stelle del jazz. Io da piccola ho conosciuto Art Tatum, Louis Armstrong, Ted Lewis … tutti i più grandi.

LEI SI DEFINISCE UNA DANZATRICE MODERNA O HA USATO IL LUNGUAGGIO “FREE” DEL JAZZ PER ESPRIMERE MEGLIO LA SUA LIBERTA’ INTERIORE?
A sedici anni sono andata al college di UCLA, che al tempo era la prima università che offriva un diploma specifico per la danza, ma il mio sogno era quello di andare a New York, di diventare un artista completa, di sperimentare …

LEI HA SPOSATO JIMMY GARRISON, IL BASSISTA CHE CON JOHN COLTRANE HA INCISO ALBUM LEGGENDARI. COME LO HA CONOSCIUTO?
L’ho conosciuto a San Francisco. Ero appena uscita da un primo matrimonio fallimentare. Credo fosse la fine del ’65 o l’inizio del ’66 perché nel quartetto di Coltrane McCoy Tyner già se n’era andato. Suonavano nell’Università di Stanford. Io ero stata invitata e nel backstage conobbi Jimmy, per il quale persi subito la testa …

QUAL E’ STATA LA PRIMA COSA CHE HA ASCOLTATO DI COLTRANE? E COS’HA PROVATO?
Ci sono due album in particolare: “Kind of Blue” quando Coltrane ancora era con Miles e in seguito “A Love Supreme”, sul quale ho basato la mia intera filosofia … l’assolo di Jimmy nel secondo pezzo è a dir poco ipnotico …

COLTRANE HA RILASCIATO UNA DICHIARAZIONE DURA SUL PERIODO CON MILES DAVIS, DICENDO CHE SI VERGOGNAVA DEL MONDO IN CUI AVEVA SUONATO IN CERTI SUOI ALBUM, COME SE SI SENTISSE SOGGIOGATO. COSA NE PENSA?
Nel periodo “cool” del jazz minimalista, Miles si lamentava con John rimproverandolo per quel suo fraseggio con troppe note. Miles comunque era un carattere difficile, viene anche lui dall’alcol e in giro si diceva anche che fosse gay, che si fosse innamorato del suo parrucchiere … era scostante e geniale, ma a parte questo, anche in seguito alla cacciata di Coltrane, non smise mai di ammirare la sua musica.

CREDE CHE LA SPIRITUALITA’ ABBIA AVUTO PER COLTRANE UNA SVOLTA DECISIVA? O AL CONTRARIO, CHE LA SUA MUSICA LO ABBIA SUPPORTATO “SPIRITUALMENTE”?
Quando John ha smesso con l’eroina, anche se Alice (la seconda moglie) non vorrebbe che io lo dicessi, continuò a farsi di LSD. Ricordo che lui parlava di un “corpo astrale”, cioè si vedeva e sentiva suonare dall’esterno … forse questo ha influito in qualche modo nel suo percorso spirituale.

IL RAPPORTO CHE SUO MARITO AVEVA CON JOHN ANDAVA OLTRE IL RISPETTO ARTISTICO. CHE TIPO DI AMICIZIA LI LEGAVA?
Erano molto amici, in fondo erano due bluesman, come quasi tutti i jazzisti dell’epoca. Jimmy però si scostava da John dal punto di vista religioso, non andava mai in chiesa.

QUAL E’ STATO L’INSEGNAMENTO PIU’ GRANDE CHE QUEL GRUPPO LE HA DATO?
Sono sicura che non rivedrò mai più quella luce pacifica, quella profonda gentilezza che contemplavo negli occhi di John … credo davvero fosse qualcosa di profondamente spirituale …

COSA RICORDA DI “A LOVE SUPREME”?
Ricordo che Ornette Coleman suonava al Five Spot di New York e John andò a vederlo. John rimase così impressionato da Jimmy che al termine della serata disse: “Non ho mai sentito suonare così un bassista” e offrì un posto a Jimmy nella sua band, che già comprendeva McCoy Tyner e Elvin Jones. Jimmy rimase indeciso per un po’, ma poi scelse per Coltrane. Così nacque il quartetto che incise “A Love Supreme”. Quei quattro ragazzi riuscirono davvero a fondersi in un “time” che lasciava a sua volta spazio alla creatività individuale. Dal vivo ti lasciavano a bocca aperta, una esperienza in grado di cambiarti la vita.

COME IN SEGUITO RIUSCI’ A TRAMUTARE L’ISPIRAZIONE RICEVUTA DAL JAZZ PER LA SUA DANZA?
Io ho cercato di imitare nella mia danza la stessa spontaneità armonica del jazz, così come Pina Bausch tentò di incarnare l’esistenzialismo tedesco con e nell’ “Angst” mediando le sperimentazioni di John Cage …

COLTRANE A PARTE, QUALI SONO STATI I MUSICISTI CHE HA APPREZZATO MAGGIORMENTE?
Sicuramente Eric Dolphy e Archie Schepp. In “Attica Blues” di Archie, Jimmy è assolutamente fantastico, prende allo stomaco, al cuore … tutto. E poi Ornette Coleman. Siamo stati vicini di casa a New York per anni ma non sono mai riuscita a lavorare con lui, è un mio grande rimorso …

COME E QUANDO HA DECISO DI VENIRE A VIVERE IN ITALIA?
Dopo la morte di John nel ’67 per complicanze al fegato, distrutto dall’alcol, e soprattutto dopo la morte di Jimmy, nel ’76 per un tumore ai polmoni (Jimmy fumava quattro pacchetti di sigarette al giorno … per non dire del “resto”) per me fu molto difficile. Poi a New York conobbi Marcello Melis e Isabella Rossellini. In quel periodo ricordo che lavoravo molto con il pianista Dave Burrell. Mi convinsero presto a venire a lavorare in Italia, dove c’erano grandi artisti e possibilità di lavoro: Maurizio Giammarco, Massimo Urbani, Furio di Castri, Giovanni Tommaso, Antonello Salis … e così nel ’79 venni qui e non me ne sono più andata.

UN SUO AUGURIO …?
Io non conosco molto i giovani, ma vedo che il panorama è desolante. Parlo di mio figlio, Matthew (Garrison), un grande bassista. Il suo sogno era quello di suonare con Miles Davis, ma Miles è morto dopo aver portato il “fusion” al picco del successo. Mio figlio è un purista e ha avuto poi modo di suonare con Herbie Hancock e Joe Zawinul … ma non è facile. La scena newyorkese non è così limpida … Comunque mi auguro che ai giovani talentuosi vada sempre bene, perché il talento va sempre premiato.

Ignazio Gori

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