La spiritualità dei Sigur Ros in quel di Verona
Un concerto, un’avventura, un’emozione

Ci sono concerti che ti segnano. Ti fanno capire realmente l’importanza che ricopre la musica nella tua vita. E quello di domenica 2 settembre a Villafranca, vicino Verona, è stato a dir poco suggestivo. Tutta la gente che si diverte, ride, canta e batte le mani a tempo con quelle canzoni che ascolti tutti i giorni, nell’intimità di una stanza o mentre sei in macchina. Le emozioni sono intense, i colori e gli odori si fanno sempre più forti e le percezioni diventano irregolari e diverse da quelle che si hanno nella quotidianità. Insomma, un concerto è sempre un evento speciale, un punto di contatto con gli altri che per un attimo ci fa staccare con il mondo reale. IL VIDEO

Ci sono eventi nascosti però, che in realtà sono molto di più che un semplice concerto. Sono spettacoli sacrali, messe non religiose dove le esperienze che vivi fanno sì che tutti i partecipanti diventino tuoi amici, che gli amici diventino fratelli e che i suoni, i colori, gli odori diventino parte integranti del tuo mondo, anche se solo per un’ora o due. Puoi percepire dall’inizio che sta cambiando il tuo modo di pensare, di ascoltare, di sentire. Le emozioni ti assalgono dal profondo, le vibrazioni del suono smuovono il tuo corpo e senza un apparente motivo i muscoli facciali si contraggono (per qualcuno è pianto a singhiozzi, per qualcun altro è una scrosciante risata). Questa è solo un’idea di quello che io e i miei compagni di viaggio abbiamo vissuto a Villafranca di Verona il 2 settembre assistendo ad un evento impossibile da dimenticare o cancellare: il concerto dei Sigur Ros.

Si parte alle 10.20 da Roma Termini con zaino e sacco a pelo in spalla e niente più che il proprio ottimismo. Si fa cambio a Padova e si arriva a Verona con quei 15 minuti di ritardo che fanno perdere la coincidenza per villafranca. Si attende in stazione l’arrivo di alcuni volenterosi amici che con la macchina recuperano me e le mie amiche per portarci al tanto atteso Castello Scaligero, suggestiva cornice del A Perfect Day Festival, dove molte band si sono esibite in questi giorni (dagli scuri e devastanti Mogwai ai positivi e melodiosi Temper Trap). Ci si mette in fila, si prende una bella birra fredda e una porzione di patatine, si respira odore malsano di fango dovuto alla pioggia dei giorni precedenti, ma poi si compra la maglietta e il sorriso torna sulle labbra. Verso le 20 ci si immerge nella folla, attendendo pazientemente che l’evento, quello tanto atteso inizi.

Dalle 22.30 ricordo il mare di luci degli accendini del pubblico, il battito delle mani che si muovevano insieme, rallentando o accelerando in una perfetta coordinazione. Ricordo i Sigur Ros sul palco sicuri ed emozionati. Ricordo la perfezione con il quale lo spettacolo si è svolto, dai colori ai suoni. Ogni volta che ho sentito sfregare la chitarra con l’archetto della chitarra, picchiare il rullante della batteria o che il suono rotondo del basso ,quello dolce e avvolgente degli archi, quello forte e deciso del piano ha raggiunto le mie orecchie è stato come toccare il cielo, come assistere alla propria nascita.

Un’avventura, quella di dormire scomodamente su un prato e mettersi in piedi alle 5 del mattino con la cittadina deserta e spoglia per poi dirigersi alla stazione, dove tanti ragazzi avevano deciso di passare la notte. Tutto ciò non ha prezzo se vissuto insieme ad una buona compagnia. Nulla può intaccare l’estrema sensazione di benessere che basterà a tutti noi per superare ogni difficoltà nella vita quotidiana, quando penseremo a quello che le persone possono dare agli altri, attraverso l’arte che ci aiuta a sopravvivere in un mondo pieno di salite.

Martina Sanzi

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