Leo Gullotta ricorda Oreste Lionello: “Sul lavoro era una vera macchina da guerra”

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Leo Gullotta, in un’intervista esclusiva a Kaleidoscopia, ricorda l’attore Oreste Lionello. Come e quando l’ha conosciuto?
L’ho conosciuto in un provino per un doppiaggio, si trattava di un cartoon, “Fritz il gatto”. Poi l’ho perso di vista fino a quando non sono entrato nella grande famiglia del Bagaglino, quando già era al Salone Margherita. Con Oreste lavorai dapprima in coppia, poi con tutti gli altri.

Com’era il Bagaglino quando lei vi è entrato a far parte?
Il Bagaglino è nato in una cantina dalle parti di Castel Sant’Angelo, in via Panico, mentre io sono arrivato già quando la compagnia si era spostata al Salone Margherita. Il Bagaglino a Roma era una istituzione, Jacqueline Kennedy quando si trovava in città voleva assolutamente vederlo. Lì sono nati Pino Caruso, Gianfranco D’Angelo, Bombolo, Pippo Franco, Gabriella Ferri, Maurizio Mattioli, Enrico Montesano … e su tutti Oreste Lionello. La storia del Bagaglino si potrebbe riassumere nel meraviglioso “Per chi suona la campanella”, uno spettacolo-prova per la RAI registrato a Torino, a cui hanno preso parte il meglio del circuito di quegli attori. La prima volta in Tv fummo messi in seconda serata, ricordo dopo un “Mercoledì sport”. Dopodiché furono ventidue anni di successi, arrivammo a fare uno share di otto, nove, dieci … fino a quattordici milioni di spettatori. Prima di noi solo “L’altra Domenica” di Arbore aveva fatto ascolti quantomeno assimilabili. Ma chissà perché, anche se carta canta, per le cronache televisive il “fenomeno-Bagaglino” è come se non fosse mai esistito, e questo me ne dispiace …

Quale era il segreto di questo grande successo popolare? E perché è finito?
Beh, il cabaret sino allora, parliamo della fine degli anni ’80, in tv non c’era mai stato e ricordo un funzionario televisivo di allora, un certo Maffucci che fiutò il successo e ci diede una prova. L’idea di Castellacci e Pingitore, gli ideatori dello spettacolo, era quella di creare la situazione di una famiglia media italiana, alle prese con un vicino di casa politico. E dunque Oreste Lionello faceva il nonno e a me fu chiesto di fare sua moglie. Fu allora che nacque la Signora Leonida. L’apice del successo lo avemmo quando iniziammo a invitare i politici, spesso presi di mira boccacescamentre in trasmissione. Li invitavamo a salire sul palco dicendo: “Onorevole, noi vi abbiamo fatto ridere, ora fateci ridere voi …”. I risultati erano disarmanti, solo Andreotti, ricordo, fu all’altezza del nostro sagace attacco. Visto lo share per i politici quello spazio diventò sempre più importante, quasi una piccola campagna elettorale e in questo i critici sbagliano a non considerare il Bagaglino-televisivo un fenomeno sociopolitico non irrilevante. L’esperienza del Bagaglino finì per due ragioni, primo per il decorso del tempo e dunque per il declino di un certo tipo di comicità e secondo per una sorta di attacco segreto, se così si può chiamare, operato a Milano. Voglio dire che secondo me c’era una malafede di fondo a voler discriminare il Bagaglino. L’eredità del Bagaglino è quella di aver lasciato una infinità di figliastri artistici che hanno cercato di emulare, direttamente o indirettamente il nostro spettacolo.

Nei primi tempi Lionello ha esercitato su di lei una forte influenza? Di che tipo?
Ci fu immediata stima reciproca. C’era il piacere di parlare ed ero diventato il suo confidente. Lui non fumava, così entrava nel mio camerino piano piano dicendo: “Non fumi?”. Era il segnale che voleva confidarsi. Oreste era una persona tenera. Un meraviglioso, autentico clown, con stile, con eleganza. Chi può dire al giorno d’oggi di essere davvero “elegante”? Credo pochi, pochissimi. Oreste era un interprete vero. Io non credo alle differenziazioni stereotipate in cui si impantana la tradizione attoriale italiana: comico, drammatico, cabarettistico, caratterista ecc. … Oreste è cresciuto con la gavetta, non c’era nulla di inventato né di casuale. Era un interprete, un interprete vero, autentico, leggero e profondo allo stesso tempo, acutissimo. Un attore con la A maiuscola.

Com’era sul lavoro?
Una vera macchina da guerra. Aveva una memoria straordinaria, prodigiosa. E poi non faceva pesare nulla a colleghi, anzi, tendeva a smitizzare e smitizzarsi, a preservarsi e a preservare il meglio, anche in situazioni difficili, anche in questo aveva un’eleganza tutta sua. Grazie a questa sua reputazione Oreste ha lasciato di lui un ricordo splendido e sereno, in tutti i suoi colleghi. Ognuno è ciò che desidera essere, non le pare?

Era una persona convenzionale o aveva una morale del tutto personale?
La sua etica era basata sulla curiosità e si chiedeva sempre perché gli altri non fossero curiosi come lo era lui, questo fino alla fine, perché Oreste ha lavorato, si può dire, fino all’ultimo giorno. Voleva sempre essere all’altezza della sua curiosità inesauribile, e lo era. Non era un tipo volto al successo, quello veniva molto dopo ed era frutto della sua bravura. Era anche modesto. Tendeva sempre a sminuirsi. Non recitava insomma sul piedistallo a sputare la perla!

Cos’era che più ammirava di lui?
La signorilità. Veniva probabilmente da una gioventù sofferta, che ha influito sulla sua formazione artistica … e che ha contribuito ad acutizzare, come dicevo prima, la sua curiosità a 360 gradi, lungimirante. Non come i giovani di oggi, distrutti moralmente da venti anni di Berlusconismo, che vedono ad esempio il teatro una cosa effimera. Ecco, Oreste è uno degli ultimi, autentici baluardi dell’arte vera, poliedrica, che sta inevitabilmente scomparendo. Oreste si porta via una dignità d’altri tempi. Le possa dire che in tanti anni di teatro, ho visto regolarmente in sala solo due politici: Gianni Letta e Fausto Bertinotti, questo basterebbe a spiegare il paesaggio culturale soffocato da una politica latente, qualunquista e “batacchiona”.

Come definirebbe l’ironia di Lionello?
Altissima. Sagace. Pungente. Ma la sua arte non si rifaceva a nessun altro, era solo figlia della sua maturazione e del suo duro lavoro. Oreste lavorava instancabilmente, conosceva davvero la “metropoli dell’umorismo”.

La vita di Lionello aveva per lei qualche mistero? Un lato misterioso?
No, perché lui aveva la magia di alleggerire tutto agli occhi degli altri. Io per questo lo chiamavo “il Signore della Parola”.

Dal punto di vista della “Signora Leonida” come definirebbe l’ en travesti cabarettistico di Lionello?
Innanzitutto devo dire che è sbagliato definite il mio o quello di Oreste un “en travesti”, è un clichè che vorrei sfatare, come del resto ci tengo a ribadire che le nostre non erano imitazioni. Oreste, lo ripeto, era un interprete vero, e non aveva generi di confine. Per quanto riguarda la Signora Leonida è il discorso è un po’ diverso. Nel periodo socialista-craxiano, Leonida – che tra l’altro è un nome maschile e all’uopo giocato sul filo dell’ambiguità – incarnava la moglie stanca e annoiata di un italiano medio di mezzetà, o la vicina di casa, o la vedova inconsolabile che sparla e sogna dal parrucchiere … una donna medio-borghese che voleva ostentare i suoi soldi in modo ridanciano, grottesco, volgare anche, ma mai cattivo, o maligno … Entrò immediatamente nel collettivo immaginativo degli italiani. Basti pensare che il costumista storico del Bagaglino, Maurizio Tognalini, veniva ad un cento momento assediato dalle ragazze per sapere i dettagli dei costumi di questa famosa Signora Leonida …

Qual’era la cosa che lo infastidiva di più?
La maleducazione. Il non rispetto. Lo infastidiva tantissimo. Lui era un signore, lo era sempre. Quando poi c’era qualcosa che doveva riferire a qualcuno, si avvicinava e gli donava una “nota di monologo”, o dispensava qualche pacato rimprovero. Tutto qui.

Che ruolo giocava in lui la malizia?
Certo, era malizioso, chiunque faccia ironia è anche malizioso, no? Comunque la sua malizia era giocata in via prettamente “italiota”, era una malizia “da cortile”, ma filtrata da una mente estremamente elegante (c’era forse qualcosa di andreottiano in lui …).

Mi saprebbe definire il Lionello-politico?
Ma lui giocava per destabilizzare il confronto. A volte incorporava ruoli e pensieri di destra, tali da portare l’intellighentia a ritenerlo destroide, ma secondo me non era proprio così.

Ignazio Gori

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