L’epurazione degli armeni sulla coscienza dei turchi
Un genocidio quasi sconosciuto da non dimenticare

L’EDITORIALE DI DIEGO CIMARA. «Questo popolo ha sostenuto lotte che lo hanno minacciato di rovina, ma esso le ha superate tutte, è forte e sano e fiorente. L’uomo del Caucaso non conosce gli alti e i bassi della borsa di New York, la sua vita non è una corsa sfrenata al successo, esso ha il tempo per vivere e sa procurarsi il nutrimento per vivere scuotendo i frutti degli alberi e macellando il gregge», Kostan Zarian

ISTANBUL – Alta la tensione tra Francia e Turchia sulla questione dell’epurazione etnica scientificamente progettata e crudelmente messa in atto nel 1915-17 dai turchi, il Metz Teghern, genocidio armeno, il massacro di Armeni che Ankara si rifiuta di riconoscere come genocidio. Dopo aver portato quasi a conclusione l’iter legislativo per rendere reato la negazione del genocidio, Parigi ha introdotto il tragico capitolo che ha visto cancellata un’intera etnia: quella degli armeni di Anatolia nei libri di storia e geografia dei licei. Una decisione che ha scatenato l’ira di Ankara, che ha emesso una nota ufficiale di protesta.
La nota è stata prodotta dall’ambasciata turca a Parigi, nella forma di lettera indirizzata al ministero francese degli Esteri e a quello dell’Istruzione. Lo scritto fa un esplicito riferimento ad alcune pagine dei nuovi libri adottati nei licei francesi, in cui si descrivono in maniera dettagliata le uccisioni e le persecuzioni di armeni intorno al 1915, parlando a tal proposito di genocidio. Solo lo scorso dicembre, quando ancora Nicolas Sarkozy era il presidente della Francia, la Turchia aveva annullato ogni appuntamento economico, politico e militare con Parigi, dopo che il parlamento francese aveva approvato una proposta di legge che prevedeva il carcere per chi nega il genocidio. La grande cupola bianca dell’Ararat riempie il cielo turchese d’Armenia.


Grande Male.
Così gli armeni definiscono l’olocausto barbaramente subito: il genocidio di milioni di persone cancellato dalla memoria storica dell’Occidente. 1914 : gli armeni sono stritolati nel ciclopico scontro geopolitico tra imperi e nuove potenze che sta cambiando il mondo. Scrive Kostan Zarian, «All’inizio del secolo, in Anatolia vivono circa un milione e 800.000 armeni; circa 700.000 mila vengono cinicamente e freddamente massacrati nelle città e circa 600.000 muoiono durante le deportazioni verso lager sparsi sull’altipiano Anatolico, ex Armenia; altri 200.000 fuggono verso il Caucaso; 150.000 verso l’Europa; mentre in Turchia sopravvivono meno di 150.000 armeni. Più del 80% della popolazione armena, che vive da più di 10mila anni in Anatolia, è rasa al suolo, eugeneticamente annientata». Il 24 aprile per gli armeni è il giorno del lutto, ma si è iniziato a parlare dell’accaduto soltanto nel 2000, e soltanto oggi (dal 1915!) c’è stato il riconoscimento ufficiale da parte di alcune nazioni europee, prima la Francia, quindi il Vaticano e i Parlamenti europeo e italiano.

Anni fa il giornalista armeno, Hrant Dink, parlò con chiarezza del genocidio in una Turchia per cui è ancora un tabù. Fu condannato. Armeni e turchi si debbono incontrare: «È una civiltà che popoli che convivono devono produrre insieme», conclude il giornalista. Ma, nel 2007, Dink viene assassinato come Zarian nel 1969 in casa sua. La violenza e le stragi non tacitano però la grande questione di cui la storia degli armeni è tragica metafora: se si può vivere insieme tra diversi. La Turchia di inizio 900 si iscrive nella storia dell’Europa, dove vorrebbe essere riammessa a pieno titolo oggi, senza dare conto delle sue pesanti responsabilità nella carneficina e nella barbarie contro un popolo inerme che ha la sola colpa di essere cristiano e non musulmano.

E scrive ancora Kostan Zarian, nei suoi scritti del libro del sottoscritto, Il genocidio turco degli armeni: «Il genocidio non è frutto della follia di un uomo, ma dello scontro tra ideologia e realtà: se la realtà non si adegua al mio pensiero, tanto peggio per la realtà. Non è sufficiente ricordare i genocidi del passato, bisogna evitare che accadano nel futuro».

Gli armeni vengono paradossalmente salvati da un impero che a sua volta diventa il principale persecutore dei cristiani e delle religioni: la Russia, che dopo pochi anni dal genocidio scende vertiginosamente nella lunga notte dell’ateismo militante e della omologazione etnica. Va ricordato, però, che in Unione Sovietica il popolo armeno è riuscito a conservare l’identità storica e anche religiosa, rimanendo testimone di una tradizione che risale alle origini cristiane: nel 2003, usciti dal lager comunista, gli armeni possono celebrare i 1700 anni dalla proclamazione del primo stato cristiano nella storia.

Diego Cimara

Per approfondimenti: Diego Cimara, Il genocidio turco degli armeni, ed. Editing (Treviso), 2006, ISBN 88-6094-027-3

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