Mariano Lamberti e il suo prossimo film: “Bandiera rosa”

Mariano-LambertiKaleidoscopia.it incontra il regista Mariano Lamberti alla vigilia del suo prossimo film, “Bandiera rosa”, sulla vita di Mario Mieli.

 

 

 

Quando ti sei è avvicinato al cinema?

Sono arrivato a Roma nel ‘90, appena ventenne, per frequentare il Centro Sperimentale di Cinematografia. Dopo essermi diplomato, mi ritrovai allegramente disoccupato. Chiuso in casa e depresso, scrissi il soggetto di quello che sarebbe diventato il mio primo film. Insieme ad una mia amica, Roberta Calandra, lo sceneggiammo e vincemmo un premio di 40 milioni di lire indetto dal Ministero (era il ’95). Da lì avemmo poi accesso al finanziamento per le opere prime. Nacque così “Non con un bang”, presentato al Festival di Venezia nel 1999.

Quali sono i tuoi autori di riferimento?

Sicuramente Fellini, Pasolini… artisti che elaborando le proprie esperienze di vita, in modo sincero, riescono a unire prodigiosamente presunzione (il saper parlare di sé) e umiltà, cioè la capacita di fare del proprio vissuto materia significativa per chi guarda e/o legge.

Credi che la tematica gay nel cinema possa (ancora) avere un impatto sociale?

La domanda andrebbe ribaltata, perché secondo me la tematica gay non ha avuto ANCORA un impatto sociale nel nostro cinema. Il mio film “Good as you”, che racconta di quattro coppie gay variegate – la “comunità varia” come direbbe Massimo Consoli – ha avuto molte critiche soprattutto dal mondo gay, che l’ha accusato di superficialità. Io ho cercato di fare un film gay focalizzandomi solo sui sentimenti, mostrando l’umanità dei personaggi, gelosie, libertinaggio, purezza, ingenuità, incapacità a mantenere un rapporto … ma a molti è parso come una provocazione. “Ma come, non parli del loro lavoro, della loro classe sociale? E soprattutto, perché una commedia?” A volte sembra che i gay abbiano il complesso di essere nobilitati da grandi temi, anzi… i gay nel cinema sono un tema: il razzismo, l’ omofobia, il coming out … Io volevo che il tema del film fosse l’amore, non l’essere omosessuali!

Ora stai lavorando a un film su Mario Mieli. Come hai scoperto la figura di Mieli? 

Insieme al mio sceneggiatore Riccardo Pechini, ci lavoro da dieci anni. Ci siamo documentati, letto tutti i suoi libri. Io mi sono anche messo in contatto con tutte le persone che lo hanno conosciuto.
Questo film che girerò a settembre per gran parte in Inghilterra, sarà una rara opportunità per riscoprire una delle figure più affascinanti degli anni ‘70.
Matto, genio, provocatore, Mieli era capace di riunire in sé con sconcertante naturalezza elementi apparentemente contrastanti (la disarmante intelligenza e la provocazione estrema, l’acuta visione politica e la sfrenata utopia, il raffinato intellettuale e l’oltraggioso clown).
Le sue teorizzazioni sulla liberazione dell’uomo, (in un mix esplosivo di analisi marxiste e riletture gay della psicanalisi chiamato “gaio comunismo“), diventavano infatti micidiali exploit contro ogni “verità“ socialmente imposta: i ruoli sessuali, la famiglia, la sacralità del lavoro…

Cosa può ancora trasmettere – a trentatre anni dalla morte – un personaggio come Mieli?

Mieli era un personaggio eccessivo e irriverente, ma capace anche, poco più che ventenne, di far pubblicare da Einaudi la propria tesi di laurea intitolata “Elementi di critica omosessuale”, lavoro che ebbe un notevole successo critico e che venne successivamente tradotto in varie lingue, diventando uno dei testi di riferimento in alcune Università anglosassoni.
Tanta rigorosa lucidità politica trovava riscontro in una coerenza davvero unica che lo portava a incarnare il proprio pensiero, trasformando il proprio corpo in campo di battaglia e strumento eversivo contro ogni forma di sopruso e discriminazione (non solo contro gli omosessuali, ma contro tutti i “reietti” e gli schiavi del sistema capitalistico, come le donne e gli operai).
Oggi, a poco più di trent’anni esatti dalla sua scomparsa, Mario Mieli resta un personaggio capace di parlare di libertà con una voce unica ed originale che meriterebbe di essere riscoperta da un pubblico più vasto e che il tempo non è riuscito a rendere innocua, restituendocela più forte, attuale e necessaria che mai.

Come reputi il cinema italiano attuale?

Soffocante e soffocato da questa invasione di commedie tutte uguali, con le stese facce e le stesse battute, ciniche e sinceramente non più comiche. A parte Garrone che trovo sempre interessante e gli ultimi film di Guadagnino, vedo poco altro.

Ti ritieni dunque una voce “fuori dal coro”?

Non lo so.. . so solo che voglio fare film su temi mi interessano.
Nei lavori precedenti ho affrontato la depressione, l’omosessualità, la malattia … ed ora con questo nuovo progetto la vita di un anticonformista come Mario Mieli.
Mi ritengo un professionista coraggioso, ma preferisco far parlare i miei lavori.

Renzo Rossellini, in una intervista rilasciatami per Kaleidoscopia.it, ha affermato che <<non è finito il cinema d’autore, ma è finito il pubblico del cinema d’autore>>. Sei d’accordo?

E’ stato proprio lui a far pubblicare la sceneggiatura di “Bandiera rosa” per la l’Arduino Sacco Editore nel 2009, ma non sono d’accordo con questa affermazione. Io credo solo che ognuno debba testardamente seguire il proprio sogno e quello che sente più vicino alla sua sensibilità.
Se il lavoro è vero ed onesto, troverà la sua strada. La vita, in qualche modo strano e meraviglioso, premia la fedeltà a se stessi.

Credi che il “cinema vero”, come lo chiami tu, possa cambiare la vita?

Mah … Potrei dire di come “I pugni in tasca” di Bellocchio mi abbia segnato da ragazzo, o di come “Ritratto dell’artista da giovane” di Joyce mi abbia influenzato nel profondo … Ma i film e i libri non cambiano la vita, è solo la vita stessa che ti cambia la vita.

Ignazio Gori

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