Gruppo Snai, quei lavoratori call center pagati 3 euro all’ora. Le intimidazioni dell’azienda Festa: “O accettate o si chiude”

call center-2Licenziamenti illegittimi, reintegri, casse integrazione “fittizie”, incentivi all’esodo, spontanee dimissioni, chiusura commesse, ferie collettive forzate e ”misteriose” trattative di vendita. Negli ultimi due anni, questo e molto altro hanno dovuto subire i lavoratori del call center outbound Festa del gruppo Snai di Roma.

Solo un anno fa, Roberto Giordano, segretario della Cgil di Roma e del Lazio, affermava che “si tratta del tentativo di esportare il modello Marchionne al di fuori della Fiat”. La sostanza, continua, “è sempre la stessa: o si accetta un peggioramento delle condizioni di lavoro, o si chiude e si delocalizza“. Ma in questo caso, spiega il segretario, ci sarebbe un elemento di novità perchè “un sindacato confederale, ha deciso di firmare da solo un accordo che va al di là della propria rappresentanza, senza sottoporre l’accordo al voto dei lavoratori”.

Ma andiamo per gradi. Le prime dimissioni di massa sono avvenute nel gennaio 2012 proprio all’indomani della chiusura della sede della società nel quartiere Bufalotta e del trasferimento delle unità produttive-lavorative nell’unica sede rimasta a Tor Pagnotta, in zona Laurentina. Tale chiusura ha “giustificato” l’apertura delle procedure di cassa integrazione per 10 figure di staff  che furono strategicamente fatte coincidere dalla vecchia dirigenza Festa, con le medesime figure professionali reintegrate dopo una battaglia legale (aprile 2011-ottobre 2011) intentata e vinta per aver rifiutato di firmare un contratto aziendale (CAAL) rinunciando al CCNL.

Dopo il secondo naturale reintegro avvenuto nel settembre 2012 del gruppo dei cassa-integrati “dissidenti”, un immobilismo dirigenziale recidivo, e decisamente protratto nel tempo, ha prodotto le condizioni economico-produttive attuali che hanno determinato, nello scorso maggio, lo stallo produttivo responsabile della cessazione del lavoro supplementare per gli operatori telefonici, tutti impiegati a 4 h giornaliere (anzichè a 6 h da sempre).

In giugno la dirigenza ha imposto a tutti i lavoratori ferie collettive forzate di ben 15 giorni, in virtù di un calo della domanda da parte dell’unico cliente commessa, Aegon, rimasto in azienda. Si ricorda che ad aprile è stato interrotto il rapporto lavorativo con Seat. Nonostante una considerevole riduzione della forza lavoro avvenuta, sempre in giugno, grazie all’apertura di una procedura di incentivo all’esodo che ha riguardato 21 lavoratrici/lavoratori e che ha ulteriormente alleggerito un organico già ridotto dalle numerose e costanti dimissioni spontanee dei mesi scorsi, la stessa ”imposizione” collettiva di ferie per tutti i lavoratori si è palesata anche a luglio per altri 5 giorni.

A seguito dei ripetuti solleciti inoltrati alla dirigenza in merito alle garanzie di una maggiore continuità lavorativa, ad agosto l’attività è ripresa e si è concentrata su campagne di supporto a Snai. La dirigenza, inoltre, continua a tacere in merito alle indiscrezioni che vedono Festa impegnata in una “misteriosa” trattativa di compravendita con la società di telecomunicazioni E-Care di Alfio Marchini, la quale ha anch’essa problematiche economico-operative al suo interno poichè ha procedure di mobilità in corso. Questa situazione di stallo, combinata con la misteriosa trattativa preoccupa molto gli operatori del call center visto che sono continuamente tartassati psicologicamente con slogan come “o si vende o si chiude!”.

A tal proposito, l’azienda ha presentato la possibilità di chiudere Festa in caso di una mancata vendita “imputabile” ad eventuali richieste e giuste rivendicazioni migliorative delle precarie condizioni lavorative che vedono gli operatori percepire una paga oraria fissa netta (esclusa del variabile legato alle vendite) di soli 3 euro.

Le risorse umane attualmente in organico, tra esodi, distacchi e dimissioni sono 54 (dalle 130 risorse iniziali “stabilizzate” 2 anni fa dall’accordo aziendale). I “dissidenti” regolamentati dal CCNL e presenti ancora in azienda (tra distacchi e sistemazioni varie all’interno di società del gruppo) sono rimasti solo in 2.

Manifestiamo la nostra indignazione di fronte al perpetrarsi di un immobilismo gestionale che ha generato tutto questo, a cui si aggiunge l’immobilismo sindacale della Fistel Cisl che ha fatto poco o nulla in questi due anni, se non compiacere l’azienda su tutti i fronti (a partire dalla “legittimazione” di un contratto aziendale che non ha più ragion d’essere dal momento che non riesce a garantire le condizioni minime di sostenibiltà economica).
Sara Stefanini

 

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