Sanità: 7.389 posti letto in meno e cervelli in fuga
Scopelliti, «non sono nelle condizioni di lavorare»

Per effetto della spending review salteranno ben 7.389 posti letto negli ospedali italiani. Oggi sulla sanità arriva il monito del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. «I tagli alla spesa sono necessari anche nel campo sanitario ma il servizio pubblico è una conquista da difendere»: lo ha detto il Capo dello Stato parlando al Quirinale in occasione della giornata nazionale della ricerca sul cancro.

«Credo – ha affermato – che l’istituzione del Servizio sanitario nazionale 34 anni fa, con una decisione bipartisan, fu una conquista, un grande balzo in avanti per il Paese. E credo sia compatibile anche con una prospettiva di maggiore selezione della spesa pubblica». Tale compatibilità, ha precisato il capo dello Stato, si potrà concretizzare «a patto che ci sia una ricerca di soluzioni razionalizzatrici e innovative». A suo giudizio, infatti, occorre «guardarsi da critiche distruttive e giudizi sommari ma anche da atteggiamenti puramente conservativi e difensivi dell’esistente».

Pronto a lasciare l’Italia. Il lungo elenco dei cervelli in fuga dal nostro Paese potrebbe a breve arricchirsi di un nuovo luminare, con un curriculum lungo come un’autostrada e con alle spalle 38 missioni mediche internazionali, il titolo di Cavaliere della Repubblica e una sfilza di premi e riconoscimenti. Domenico Scopelliti, uno dei più bravi e riconosciuti chirurghi italiani, si trova infatti in una condizione diventata “insopportabile”, non gli viene permesso di fare il suo lavoro: operare e curare i suoi pazienti. «Da un anno e mezzo – dice – vengo pagato per non fare nulla. Ma ora mi sono stancato, sto prendendo seriamente in considerazione l’idea di lasciare il Paese». Scopelliti è al centro di una ‘querelle’ che va avanti ormai da più di un anno con la regione. Il suo reparto di chirurgia maxillo-facciale presso la casa di cura Villa Betania a Roma – che fa parte dell’ospedale Santo Spirito – viene infatti colpito dai tagli imposti dal piano di rientro sanitario. Poco male, pensa il chirurgo. D’altronde può sempre trasferirsi altrove, ad esempio all’ospedale San Giovanni o al San Camillo dove ci sono due primariati “ancora” liberi.

Ma le cose vanno diversamente. Dalla regione non riceve nessun avviso di trasferimento. Scopelliti chiede informazioni, ma nessuno risponde. Anche se puntualmente retribuito, Scopelliti fa domanda alla Asl di “aspettativa per inattività forzata”. E a luglio arriva l’attesa risposta: la regione gli annuncia il trasferimento all’ospedale San Camillo. La sera prima del trasferimento arriva però la doccia gelata: la Regione annulla tutto. «Ormai – spiega Scopelliti – è passato un anno e in questi mesi non si è risolto nulla». Eppure giusto un anno fa, la Regione aveva ratificato ufficialmente la riapertura del reparto. «Mi è stato anche chiesto di mettere a punto uno studio di fattibilità e un piano di investimento ma, di fatto, non vengo messo in condizione di lavorare. Ho infatti a disposizione solo un chirurgo, un dentista e un otorino ‘in prestito’. Non ho a disposizione neanche i posti letto e il personale paramedico».

Diego Cimara

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