“Se tornasse San Francesco” di Carlo Bo

san francesco carlo boL’eventualità di un ritorno romantico e/o combattivo di Francesco d’Assisi è parte integrante dei miei pensieri quotidiani da molto tempo. Così lo scoprire l’uscita del breve saggio di Carlo Bo “Se tornasse San Francesco” (Castelvecchi 64 pp. Euro 7,50) mi ha lasciato particolarmente sorpreso, come se fossi stato colto da un illuminante dejà vu. Si tratta di un testo inedito, un saggio narrativo chiaro e conciso, lineare e immediato. Bo parte da un semplice preposto: se san Francesco dovesse bussare ora alla nostra porta, quale sarebbe la nostra reazione?

Vengono quindi tirati in ballo gli interrogativi che premono il cuore dell’ Uomo Moderno (l’appartenenza ad altra religione è del tutto ininfluente, Francesco infatti è personaggio trans-storico, trans-religioso): l’impossibilità di applicare il Vangelo alla lettera, il ruolo infamante della carità, e ovviamente l’attualità sociale di certi precetti oggi come oggi più che mai scandalosi, quale il desiderio della guerra contro noi stessi (sintesi dell’accoglienza, del trauma che la povertà apporterebbe alla nostra esistenza). E poi ancora sin dove possono spingersi la paura, il terrore, la delusione dell’abbandono: “… è quando il mondo ti abbandona che trovi la salvezza.” La prosa è a tratti poetica e accompagna la veloce lettura senza alcuna difficoltà.

Vengono affrontati pilastri della filosofia (Platone), della letteratura (Dante), della poesia (Jacopone da Todi), il tutto in un flusso estremamente chiaro e percepibile a chiunque, persino ai meno avvezzi a letture impegnate. L’autore sembra insistere sul ruolo “spietato” di Francesco, e su una specie di “luminoso masochismo” che scaturisce dall’accogliere la “contro-poesia” della Povertà: “Ma stiamo attenti quando san Francesco dice fratello e sorella e allude all’amore: non pascolerà, non fa della poesia, è più che mai spietato e duro con se stesso.” Il ruolo dell’obbedienza, cardine dell’applicazione reale (e quindi materiale) del francescanesimo conduce a cortocircuiti in cui la Chiesa sembra essere caduta in pieno, incenerendosi nella sua stessa fiamma evangelizzante; Obbedienza che nella transizione filosofico-letteraria di Bo assume connotati di ribellione.

E quindi il Francesco ribelle, spietato, folle … folle perchè sprezzante della morte. E solo il Folle sprezza la morte ed elogia il nemico. Il saggio defluisce su un’ultima riflessione: san Francesco è un fantasma, un fantasma che rispecchia il nostro lato migliore, la nostra coscienza oppressa, il “bonum” anti-economico del “do-ut-des” che regola il mondo e quindi la vita di tutti. E’ davvero attuale la filosofia francescana? O non lo è mai stata? “Quando Francesco batte alle nostre porte, facciamo entrare nelle nostre case la sua leggenda e lasciamo fuori le sue verità.”

Ignazio Gori

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