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Il giornalista di guerra secondo Alessio Vinci

Alessio Vinci, noto giornalista sbarcato prima nella Cnn ora conduttore di Matrix, dopo Enrico Mentana, è ora in Mediaset. E’ stato corrispondente da  Belgrado, Berlino e Mosca ed ha vissuto la prima guerra cecena. Si è sempre occupato di esteri.

In un convegno tenutosi all’Università Lumsa di Roma, racconta agli studenti cos’è il giornalismo embedded, cercando di dare una spiegazione alle relative critiche che ne sono nate. La categoria degli embedded, «inizia dopo l’11 settembre con la guerra in Iraq e prima in Afghanistan».

«Per diventare giornalista di guerra si deve essere già avviati, c’è un codice di comportamento da rispettare. – e aggiunge – L’embedded è un modo di fare giornalismo, non è il modo. L’embedded vede solo una parte del contesto, entri in contatto diretto con l’esercito locale».Vivere con i marines non è facile ma in un ambiente completamente estraneo bisogna puntare sulle proprie capacità e «l’obiettivo era quello di creare un rapporto di fiducia con i marines ed i loro capi, anche se alcune cose che vivevo non le potevo raccontare subito».

Non si può dire dove il giornalista si trova precisamente, non si possono fare aggiornamenti sull’andamento della guerra per non caricare o distruggere psicologicamente i soldati. «In Iraq o in Afghanistan, – racconta Alessio Vinci – non c’era alternativa se non eri embedded perché era pericolosissimo».
E proprio per il pericolo, per aver avuto per mesi la morte come vicina di casa e per aver vissuto in condizioni estreme, alla fine dell’embedding, il giornalista può ricevere degli aiuti psicologici così come i marines.

Sara Stefanini