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Più che “telegramma dal futuro”, sembrava un’overdose del passato

Michele Smargiassi di Repubblica ha introdotto lo scorso 15 giugno, Maurizio Ferraris, professore di Filosofia teoretica, si occupa delle pagine culturali di Repubblica. “La Repubblica delle idee” a Bologna prevedeva un question time chiamato “Un telegramma dal futuro”.

Ferraris, Un telegramma dal futuro, La Repubblica delle idee, Bologna

Maurizio Ferraris, Un telegramma dal futuro, La Repubblica delle idee, Bologna

Bene, dopo questi preamboli specifichiamo che il prof. Ferraris si occupa di ermeneutica, estetica e ontologia. Nel convegno, però, ha parlato di concetti che sono ben lontani dal futuro. Anzi, oserei dire che il futuro disegnato dal professore sia il “telefonino” (così lo chiama, ma chi glielo dice che ormai “quell’aggeggio” si chiama cellulare o smartphone?).

Il telefono è diventato telefonino e da una “macchina” per parlare è diventata una macchina da scrivere. Non è proprio quello che si direbbe il preambolo di un discorso avvenieristico. «Hai il mondo in mano e sei in mano al mondo», sentenzia Ferraris. Cresce continuamente la responsabilità e la tensione nei confronti del cellulare perché si controllano continuamente email di lavoro e non si riesce mai a “staccare la spina”. Questo è un processo cominciato già da due lustri se non di più, non sembra un discorso d’avanguardia.

C’è un trionfo dela registrazione, ogni cosa viene registrata ed ogni oggetto ha sempre più memoria. Forse per compensare la memoria quasi inesistente della società umana? Questo può forse essere uno dei pochi spunti.
Non si capisce bene quale sia il succo di questo incontro, ma sembra proprio che Ferraris interpreti il futuro come una forma di memoria del passato, perché di questo ha parlato. Non ha nominato internet, i social network, il citizen journalism, niente di niente.

Sara Stefanini