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E dopo il concorso Libera Espressione
“A te” di Giusy Carofiglio, in uscita il 4 settembre

Il meno codardo, preferirebbe vivere …
Fin quando scrivi, vuol dire che sei vivo!…
C’è sempre un Filo di Arianna, una scelta, sempre!…
Vivere o morire

La silloge poetica di Giusy Carofiglio, vincitrice del concorso “Libera Espressione – Premio Erica Angelini”, uscirà il 4 settembre. S’intitola “A te” ed è edito da Edizioni Galassia Arte di Andrea Mucciolo. Continua a leggere

Concorso “Libera Espressione”: parla la vincitrice, Giusy Carofiglio

«La  poesia è l’anima che esplode negli occhi di chi legge, e implode nel cuore di chi ascolta»

Terminato il 18 maggio scorso, “Libera Espressione, premio Erica Angelini 2012” ha visto 55 poeti gareggiare con ben 165 poesie votate da una giuria composta dagli otto autori emergenti creatori del Giveight (ideato da Gaetano Barreca), Daisy Raisy di Radio Autori Emergenti, lo youtuber Andrea Barin e il comitato dei lettori del Giveight capitanato da Gino Centofante. Ogni singola poesia è stata letta e votata da 1 a 10. Alla fine ha vinto la migliore, Giusy Carofiglio. Come premio, la pubblicazione della sua silloge “A te” con Edizioni Galassia Arte e la sua promozione verrà curata dal team di Evolutive Press, senza contare l’intervista radiofonica di Daisy Raisy e l’intervista che ora leggerete. In più, una data importante. Il 29 settembre tutto il team del Giveight si incontrerà nella città di Erica Angelini, a Buonconvento di Siena, per presentare la silloge “A te” di Sole Luna, quale vincitrice del concorso Libera Espressione 2012 insieme a tv e stampa locale.

Ha partecipato alla competizione col nome “Sole Luna”, forse perché rispecchia il suo carattere. A volte carismatica a volte lunatica. Eppure Giusy Carofiglio si esprime istintivamente sentimenti spesso tormentati attraverso una poesia limpida e chiara. Scrive di lei, ma mette nero su bianco spaccati comuni dell’animo umano. L’uso frequente del discorso diretto toglie ogni paletto tra poetessa e lettori, coinvolgendoli completamente. Ma scopriamo insieme chi si cela dietro il nome d’arte “Sole Luna”.

Parlaci di te. Cosa fai nella vita?
«Non è facile parlare di sé. Credo di essere strana, forse eccentrica, capricciosa, mi piace il silenzio, non amo i luoghi affollati, né la troppa luce, mi piace il mare di notte, adoro la penombra, amo il nero, ascolto musica classica, celtica, mi piacciono le melodie, i violini il pianoforte e le arpe. Nella vita? La mia vita è fatta di sogni, di parole e di eventi, cerco l’attimo e lo scrivo, spesso immagino, in fondo il poeta è fingitore…».

Come e quando è nata la passione per la poesia?
«La mia infanzia è stata un saliscendi d’emozioni tristi, ho sempre pensato d’essere nata in un corpo sbagliato e in un’epoca sbagliata, ho iniziato a scrivere a 11 anni. Ero sola, o mi sentivo sola, in verità vivevo in un altro mondo, il mio, una specie d’Alice nel paese delle meraviglie, o di Cenerentola, una sorta di favola. Sono sempre vissuta fuori dalla realtà che non mi piaceva e quindi, m’inventavo castelli, principesse e principi, alla fine, come accade a tutte le adolescenti, credo. Io non mi sento una poetessa, sono un profeta visionario, un giullare, un cantastorie».

Spiegaci il perché del titolo della silloge e a chi è dedicato?
«“A te” era nata con questo nome, poi prima di consegnarla ho deciso di cambiarlo e l’ho chiamata “Di storia vera” che era riferito all’amore. Dedicato a chi leggendo si sarebbe ritrovato e riconosciuto nelle parole. E “A te” era diventata la dedica che volevo desse un senso di curiosità, nella pagina che precedeva l’inizio della raccolta, quindi, durante la proclamazione del vincitore del concorso, Gaetano Barreca l’ha chiamata così: “A te”. Là ho deciso, forse per scaramanzia, o forse perché è così che era destinata a chiamarsi. “A te” è dedicata al mio principe, tutte le donne hanno un principe, un ideale di uomo. Quando scrivo, immagino una situazione e penso a cosa possa colpire, graffiare, credo che la maggior parte delle emozioni forti, quelle che scavano dentro sono frutto della tristezza, della felicità non so scrivere, essa è fuggente, dura troppo poco anche solo per ricordarmene il sapore».

In cosa trovi l’ispirazione e quando scrivi solitamente?
«L’ispirazione la trovo in un gesto o in una musica, piuttosto che in un temporale o in un tramonto, a volte in un accadimento, dipende! Solitamente scrivo di notte, ascoltando musica classica o celtica, spesso piangendo perché sì, sembrerà strano ma mi faccio coinvolgere emotivamente, entro in un’altra dimensione».

Nella poesia “Perché” scrivi «Alcune felicità possono lacerarti, amare, è morire, senza sconti», può essere vista come chiave di lettura del tuo concetto d’amore?
«Sì, credo che l’amore sia un dono da fare, non sempre si riceve, o perlomeno non sempre si ha ciò che davvero si desidera, alcune vite secondo me, sono segnate, sono ricerca continua e ostinata della felicità e, qual è la felicità più grande per un essere umano? L’amore. L’amore non si cerca, arriva, l’amore accade… parlo d’amore, il volersi bene è ben altra cosa».

 Tra i tuoi versi si leggono parole di dolore e tristezza. Ti senti come «una farfalla in una ragnatela» in questa società?
«Scrivo sensazioni, sì, le mie tristezze, alcune volte accade di sentirsi soli in mezzo alla gente, altre volte accade di essere soli per scelta, altre volte, si è soli perché è così che deve andare, comunque io, parlo di una solitudine interiore, del mio mondo».

Vi lascio con un assaggio della silloge:
«Ci sono storie che non avranno mai fine
e storie che non hanno senso.
Tu sei al centro, scomoda
ad aspettare che qualcosa cambi nella vita.
Alcune volte, l’amore è disarmante
credi che sia semplice e che puoi farcela a dirgli no
invece ti travolge e non puoi fuggire …
e poi, ti uccide
se non lo puoi gridare».

Sara Stefanini