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Meglio poveri da piccoli o poveri da anziani? Unicef: «Il governo italiano? Impatto zero»

L’Italia non si impegna abbastanza, anzi, verrebbe da dire che non si impegna affatto nel campo della povertà infantile.

A dimostrarlo, è l’Unicef, con il suo ultimo Report Card 10, presentato il 29 maggio alla sede romana dell’Associazione. La posizione in cui si trova il nostro paese è tutto tranne che invidiabile.
Si adopera per gli anziani, per le pensioni e per la prevenzione sociale al riguardo. Poco importa dei giovani e dei cittadini del futuro. Ma viene da porsi una domanda: meglio un povero bambino oggi o un povero anziano domani? Basta un dato per shockarsi: in Italia il tasso di povertà infantile (15,9%) è più alto rispetto alla povertà della popolazione totale (11,5%), collocandosi così al 32° posto sui 35 paesi più industrializzati presi in esame dall’Unicef. Eppure, il Belpaese è tra i primi 15 paesi europei più ricchi.
Se si mettono a confronto i dati sulla povertà minorile tra il tasso senza aiuto del governo (16,2%) e la percentuale dopo l’intervento dello Stato per porre politiche sociali contro la povertà (15,9%), il risultato è pressoché deludente. E questo ci fa essere il fanalino di coda mondiale, ci collochiamo al 34° posto su 35.

In una seconda classifica tutta europea, per la deprivazione materiale minorile, ossia la mancanza di elementi base per lo sviluppo di un bambino, l’Italia è al ventesimo posto sui 29 paesi dell’Unione. Il 13,3% nostrano viene schiacciato dal 2% di paesi come Islanda, Svezia e Norvegia. Peculiare è osservare in quali tipi di famiglie la deprivazione materiale si manifesta. La percentuale più alta la troviamo tra i genitori disoccupati ma anche tra quelli con basso livello di istruzione.

Il Presidente dell’Unicef Italia, Giacomo Guerrera, il curatore del rapporto Leonardo Menchini e la sociologa Chiara Saraceno, che hanno presentato la Report Card 10, hanno dichiarato che l’impatto del governo italiano è stato finora nullo. «Al momento ci sono due agevolazioni – spiega la sociologa – le agevolazioni fiscali che vanno a vantaggio di chi ha reddito e gli assegni a nucleo familiare. Una soluzione per migliorare è favorire l’ingresso delle mamme nel mondo del lavoro». E a questo proposito risponde empiricamente il Premier Mario Monti, che sarebbe dovuto esser presente al convegno, nel messaggio inviato appositamente all’Unicef: «Proteggere l’infanzia dalla povertà è un dovere morale che dovrebbe essere fra le priorità di ogni governo perché i bambini e gli adolescenti di oggi saranno i cittadini di domani». E aggiunge: «Questo governo ne è pienamente consapevole e in questi mesi ha varato una serie di provvedimenti per combattere l’esclusione sociale e il disagio delle fasce più deboli della popolazione». Ma l’Unicef e soprattutto i bambini che conoscono la povertà attendono riforme più incisive che possano incrementare il recupero delle persone meno abbienti.

Sara Stefanini

 

Tariffa rifiuti: per la Cassazione non è soggetta all’IVA

 

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Dopo 4 anni di peripezie la Corte di Cassazione ha espresso giudizio attraverso la sentenza del 9 marzo 2012. Dopo le sentenze di vari giudici con pareri discordanti, la Corte ha dichiarato (sentenza n. 238/09) che essendo una tassa e non una tariffa, quella dei rifiuti solidi urbani non doveva essere soggetta all’Iva perché sarebbe stato come pagare una tassa sulla tassa. Non che in un paese come l’Italia non sia possibile una cosa del genere. Ma per fortuna, almeno in questo caso, tutto sembra andare per il verso giusto.

In questi anni, le associazioni di consumatori chiedevano il rimborso dell’Iva ai Comuni e alle Aziende Municipalizzate dato che proprio a loro era stata versata la tassa. Ma questi enti avevano già versato l’Iva allo Stato e inoltravano le richieste al Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF).

Nel 2010, il Comune di Roma toglie l’Iva ai rifiuti, detta T.I.A. (Tariffa di Igiene Ambientale) introdotta dal decreto Ronchi. La segue a ruota anche l’Agenzia delle Entrate di Trento. Ma la disposizione interpretativa nell’articolo 14, comma 33 del decreto legge 78/2010, da parte del Ministero, rimette tutto in gioco. Come se la Corte non valesse nulla. Il Governo, dal canto suo, cercava di barcamenarsi come poteva con emendamenti, proposte di legge e circolari, come la n. 3 del 2010 nella quale esplicita la continuità tra Tia1 e Tia2 come una normale entrata di servizio e quindi soggetta a Iva. Roma rimette la tassa.

Un colpo di scena: la Corte di Cassazione ribadisce che la tassa sui rifiuti sia essa TARSU, TIA1 o TIA2 (ancora non applicata), “non è assoggettabile all’ IVA del 10% in quanto costituisce un entrata tributaria e non un corrispettivo per il servizio reso” (Sentenza n. 3756 del 9 marzo 2012). Come aveva già asserito con la sentenza del 2009, rimasta inascoltata. In più, considera l’interpretazione data dal MEF “frutto di una forzatura logica del tutto inaccettabile”.

Come si può chiedere il rimborso Iva sulla tassa rifiuti?

A questo punto non resta che compilare tutti immediatamente i moduli di richiesta (scaricabile sul sito sportelloconsumatori.org) della restituzione dell’Iva pagata. Ma come per tutti i rimborsi, emergono delle complicazioni. È utile avere tutte le fatture pagate a partire dall’anno in cui il Comune di appartenenza è passato dalla Tarsu alla Tia. Non tutti hanno aderito, alcuni continuano ad applicare la Tarsu. Se si appartiene a uno di questi Comuni, non si può ricevere alcun rimborso perché non è stata applicata alcuna Iva alla Tarsu. Se poi, il Comune è passato alla Tia, occorre sapere se è stata adottata la Tia1 o la Tia2. Nel primo caso il rimborso è assicurato. Nel secondo no, per via del problema suddetto dell’interpretazione.

Si deve, poi, chiedere alla società che gestisce il servizio dei rifiuti, la sospensione dell’applicazione Iva al 10%. Qualora il rimborso venisse negato, si può citare in giudizio, tempi italiani permettendo. La restituzione dell’Iva deve avvenire entro 60 giorni dal ricevimento dell’istanza del rimborso, in un’unica soluzione da chi ha applicato l’Iva.

Se non si avviano le procedure di restituzione Iva?

Il nostro Bel Paese è strano anche in questo caso, la restituzione non è “automatica” ma nominativa. Chi non avvia questo processo, continuerà a pagare la tassa sulla tassa. Quindi, chi non sa, paga. Ecco perché è poco divulgata questa notizia. Ma Kaleidoscopia, sportelloconsumatori.org e altri siti, si impegnano a divulgare la news.

Per l’Adoc, l’Associazione per la Difesa e l’Orientamento dei Consumatori, è già una vittoria questa. “Stimiamo tra i 100 e i 200 euro l’importo medio del rimborso destinato alla singola famiglia” dichiara Carlo Pileri, Presidente dell’Adoc.

Le disposizioni future

Con la manovra varata dall’attuale governo Monti, Tarsu Tia1 e Tia2 dovrebbero andare in pensione. Dal 2013 nascerebbe, infatti, un nuovo tributo comunale sui rifiuti non soggetto ad Iva. Ad ogni modo, è come se la Corte Costituzionale stia perdendo, a poco a poco, importanza e solennità.

Sara Stefanini

Ora siamo tutti ancora più indignati

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E dopo i troppi battiti di mani scaturiti dopo la votazione per la fiducia di questo governo, la manifestazione degli indignati. Un gruppo eterogeneo di studenti, disoccupati, precari, no TAV della Val di Susa, sindacati della Fiom e del Cobas, centri sociali, partiti della sinistra e il Popolo Viola ha dato inizio al corteo partito alle ore 14.00 del 15 ottobre da piazza della Repubblica di Roma. L’itinerario era dalla piazza a via Cavour e via dei fori imperiali fino a piazza San Giovanni.
Giovani indignati di tutto il mondo, ieri, hanno manifestato. In oltre 900 città del mondo, studenti e operai si sono uniti per lottare a favore di un cambiamento globale con frasi come: “E’ tempo di unirsi, è tempo che loro ci ascoltino!” “Siamo noi a decidere il nostro futuro!”
La città serrata e blindata, che da sempre ospita manifestazioni e cortei, ha ospitato un corteo inizialmente di tutto rispetto e pacifico che però è sfuggito di mano ed è diventato motivo di una piccola grande guerriglia con petardi, bombe carta, mazze, sampietrini e chi più ne ha più ne metta. Le immagini che noi tutti abbiamo visto in tv o che qualcuno di voi ha vissuto sul posto, si commentano da sole.
La situazione è iniziata a degenerare quasi da subito, alle 16.00 circa. 500 black block hanno incendiato case, macchine, cassonetti, vetrine di negozi, banche e persino una statua della Madonna nella chiesa di San Marcellino. La maggior parte dei manifestanti, poi, si è dissociata e allontanata dalla guerriglia, per cercare, giustamente, di dare un senso consono a questa giornata internazionale così importante.
La situazione dell’Italia si è mostrata, come al solito, diversa da quella del resto del mondo. Soltanto nel nostro Belpaese si sarebbero verificati simili incidenti. La colpa è dei violenti ed inutili black bloc, non si sa chi sono. Agiscono in piena luce ma coperti in volto e vestiti di nero. Una città messa a ferro e fuoco, una piazza San Giovanni, che da 60 anni non era mai stata così assediata. 70 feriti di cui 3 gravi, e fortunatamente non c’è scappato il morto. 12 teppisti arrestati e Gianni Alemanno, il sindaco, giustamente spera che gli arrestati non vengano rilasciati domani perché non è così che si puniscono atti incivili.
Perché scannarci tra di noi quando è con il governo che ce la dobbiamo prendere, perché dimostrare questa immaturità quanto già abbiamo un governo bambino, perché dico io perché devono esistere gruppi che sfasciano invece di costruire?!
E ora al derby Roma-Lazio allo stadio Olimpico, i black bloc continuano a creare scompiglio e violenza. Cosa credono di dimostrare i black bloc? Cosa vogliono? Cosa pensano di ottenere?

Sara Stefanini