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Co.In: comunicare l’integrazione

I giovani giornalisti praticanti della Lumsa partecipano alla Spring school come relatori esperti sul tema dell’immigrazione

Migliorare l’approccio dei media sul tema dell’immigrazione e dell’integrazione.  È stato questo l’obiettivo del seminario promosso da Italia Lavoro, agenzia tecnica del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, nell’ambito del progetto Co.In –Comunicare l’Integrazione, finanziato dal Fondo Europeo per l’integrazione dei Cittadini dei Paesi Terzi-linea.

Dal 20 al 22 aprile a Monte Porzio Catone, in provincia di Roma, si è tenuta la Spring School rivolta a giovani a giornalisti, allievi delle scuole di giornalismo di Perugia, Roma e Salerno riconosciute dall’Ordine dei giornalisti, che hanno partecipato in qualità di relatori esperti per analizzare il ruolo fondamentale dei media nella rappresentazione del fenomeno migratorio contribuendo con la loro azione a facilitare l’integrazione nella società italiana.

All’evento erano presenti dodici allievi del Master in giornalismo dell’Università Lumsa di Roma, selezionati a seguito di un concorso che ha valutato tramite una commissione i migliori articoli, inchieste e reportage, inerenti al tema dell’integrazione e l’immigrazione.

Il seminario puntava a sensibilizzare i giornalisti nel veicolare in maniera completa e obiettiva le informazioni relative al tema in questione analizzandolo secondo 4 aspetti principali: la cornice giuridica e quindi diritti e doveri; gli immigrati e il mercato del lavoro in Italia; partecipazione e politiche d’integrazione; e l’immigrazione raccontata dai migranti.

Tra i presenti ad analizzare il fenomeno dell’immigrazione a tutto campo, dal contesto europeo a quello italiano, c’era Mario Morcellini, Preside della Facoltà di Scienze della Comunicazione all’Università La Sapienza di Roma: «La storia degli uomini è caratterizzata dal loro continuo movimento. Non c’è paese che non sia interessato dal fenomeno migratorio. L’Italia è sempre più luogo di residenza stabile per numerosi stranieri, – poi ha aggiunto – i migranti rappresentano una componente importante nella nostra società, non solo dal punto di vista economico-lavorativo ma anche all’interno di altri contesti quali la scuola, attraverso la crescente consistenza delle seconde generazioni».

Nella giornata conclusiva il presidente della Fnsi, Roberto Natale, ha ricordato come spesso i media, quando parlano di immigrazione «tendono spesso a farlo in termini di questione giudiziaria e di cronaca», di conseguenza i temi come l’integrazione che «non si prestano alla drammatizzazione vengono trascurati». L’Ordine nazionale dei giornalisti e la Federazione Nazionale della Stampa hanno approvato nel 2008 la Carta di Roma, protocollo deontologico riguardante richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti. Il ragionamento di Natale è stato chiaro: «La Carta di Roma non chiede ai giornalisti di essere buoni nei confronti degli immigrati, ma di fare i giornalisti, rispettando la verità dei fatti parlando di tutto ciò che c’è nella cronaca, ma senza disparità».

Alessandro Filippelli

 

Celio Azzurro, un asilo interculturale

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Nel cuore di Roma pulsa un cuore multietnico

L’Associazione Culturale presiede la Capitale dal 1990 e, secondo quanto sostiene il responsabile Massimo Guidotti, ancora vanta il primato sul territorio. È una realtà che cresce anno dopo anno e che contribuisce, nel suo piccolo, alla realizzazione di una rete culturale multietnica della città di Roma. Costituito e desiderato da Don Luigi di Liegro, il caleidoscopico microcosmo rappresenta una serie di flussi migratori, stratificatosi nel tessuto romano degli anni Novanta. Qui, somali, romeni, filippini, etiopi ma anche italiani, dai tre ai sei anni, convivono in un clima accogliente ed intimo. L’integrazione sulla quale punta il responsabile, non è quella stereotipata ma fondata sulla metodologia narrativa. Il modello educativo è composto inizialmente dalla conoscenza del bambino, per poi passare alla comunicazione ed infine all’accoglienza. «La cultura è sangue» asserisce Massimo Guidotti, e lavorare sulla tradizione e sulle preferenze di ciascun bambino, costituisce il punto forza di Celio Azzurro. La peculiare struttura pedagogica viene testimoniata da cartelloni appesi sulle pareti con i cibi preferiti dei bambini che non per forza devono essere in relazione al paese da dove provengono. «Noi non lavoriamo sul piatto tipico del bambino etiope, ma su ciò che il bambino preferisce. Se a lui piace la pasta al sugo, operiamo su quello». Gli insegnanti, quindi, si basano sulla storia personale del bambino, inserendola in un contesto più ampio.

Spesso i genitori si ritrovano a scuola e raccontano ai loro bambini la loro storia come se fosse una favola, con il fine di creare una commistione fra culture. Sempre più genitori italiani, tramite passaparola, scelgono Celio Azzurro per inserire sin da subito i loro figli in un contesto interculturale. Per questo motivo, Massimo Guidotti spiega le fasi di selezione dei bambini, perché non possono essere accolti tutti. Dopo ore di attenti colloqui con i genitori, stila una lista tenendo conto soprattutto della condizione economica e poi della provenienza. Esistono delle rette, ma chi non può pagare non paga o paga in parte.

Per mantenere il senso dell’attività costruttiva, gli insegnanti non sono tutti italiani. Fra loro, c’è anche una ragazza etiope, Fayo, che è tornata dopo essere stata, da piccola, una delle prime bambine ad essere accolte.

Sara Stefanini