Archivi tag: l’aquila

L’Aquila “intatta” di Google Maps

I brividi. Adesso mi vengono i brividi. Ho scoperto che su Google Maps si può vedere L’Aquila ancora “intatta”, quando c’era gente, quando niente era andato distrutto, quando la città era viva! E rabbrividisco nel NON riconoscere alcune vie della zona rossa ormai transennate, impalcate. Rabbrividisco nel vedere quel condominio dove senza rispetto sono entrata nelle case squarciate dal terremoto. Rabbrividisco nel visitare virtualmente una città che ora non c’è più.

E la casa dello studente, su google maps, mozza il fiato.

Di primo impatto non si riconosce. E gli alberi, ora non ci sono. Senza verde, appare come la città dei fantasmi. Non ci sono più semafori, non ci sono più secchi della spazzatura, non c’è più niente di quei banali aspetti tipici di una città dei quali neanche ci si fa particolarmente caso. Neanche quelli.

E via Roma. Storica sede dell’Università dell’Aquila. Non ci sono più quelle bandiere che svolazzano sopra il portone, non c’è più il bar Roma dove gli studenti facevano colazione, non ci sono più le macchine parcheggiate.

E così, per chi come me, non era stato mai a L’Aquila, prima del tragico terremoto, è possibile rivisitare la città com’era. Non sono molte le immagini che la ritraggono sul Web. Google, nostalgico, dà la possibilità di fare un salto nel passato.

Sara Stefanini

L’Aquila, tre anni dopo – IL REPORTAGE

Reportage di sei giovani giornalisti, testimoni dell’abbandono subito dalla città di L’Aquila e dei paesini limitrofi tra cui Onna e Santo Stefano.

Il reportage è composto di 4 parti:

– L’Aquila: zona rossa e storia e presente del terremoto

– Onna: la frazione di L’Aquila lasciata a sè stessa

– Santo Stefano di Sessanio dove regna la rassegnazione

– L’Università di L’Aquila, le parole del rettore e del sindaco

Io Sara Stefanini, Claudia Nardi, Marco Potenziani, Francesca Polacco, Francesca Ascoli e Gianpaolo Confortini, siamo stati reporter, per due giorni e abbiamo realizzato questo servizio. Siamo stati presenti all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università dell’Aquila lo scorso 20 marzo e quindi ai discorsi del Rettore Ferdinando Di Orio, del sindaco Cialente e delle parole di Gianni Letta. Siamo entrati nella zona rossa aquilana, ormai percorribile solo indossando elmetti a seguito di un permesso comunale. Siamo entrati nella zona rossa di Onna e di Santo Stefano ma non siamo riusciti a entrare nelle zone rosse, del cuore, degli aquilani. Quei pochi che abbiamo incontrato non ci rispondevano, non parlavano, ci guardavano e basta. Questa gente è stanca di esposizione mediatica senza risultati, non vuole più promesse. Non c’è new town né smart city che regga: vogliono tornare a vivere, ad essere abruzzesi.

Dopo il terremoto delle 03.32 del 6 aprile 2009, quelle che vedrete non sono immagini di repertorio, ma realtà attuale. OGGI L’AQUILA, ONNA E SANTO STEFANO APPAIONO ANCORA COSì:

Sara Stefanini

L’Aquila oggi: tre anni dopo il terremoto. Una città che non c’è

NON HAI VOGLIA DI LEGGERE? LO LEGGO IO AL POSTO TUO! CLICCA QUI: L’Aquila oggi: tre anni dopo il terremoto.Una città che non c’è

 Letti disfatti, serrande abbassate, lettere stropicciate, poster di cantanti sui muri, peluche per terra, sportelli aperti, piante secche sui balconi inagibili, panni stesi. Questo è quanto si riesce a vedere dagli scorci delle case distrutte dal terremoto di L’Aquila ben tre anni fa, il 6 aprile 2009, alle ore 3:32 di notte.

Camminare nella zona rossa della città è a dir poco inquietante. I passi riecheggiano per le vie, il silenzio riempie così tanto i polmoni da non riuscire a respirare, l’odore di muffa di quei palazzi, di quelle case che sono lo scrigno segreto della vita di ciascuno. Famiglie rovinate da un evento naturale, ricordi spezzati e vite frantumate. Una lacerazione interna anche per chi non l’ha vissuto il terremoto, ma che si ritrova a sfogliare le vite altrui sbirciando da una parete squarciata.

Un branco di cani randagi mi ha accolto in una piazza dove solo un bar era aperto. Ed aveva la musica fuori, quindi riecheggiavano le canzoni nel vuoto della piazza. Nella zona rossa si vedono macerie e impalcature, impalcature e macerie. Degli elmetti di protezione non bastano per salvaguardarsi dalle urla e dal dolore degli aquilani che sembra rimasto lì, guardiano di una città in decomposizione. E fa male pronunciare questa parola, decomposizione. In 3 anni ben poco è stato fatto ed i palazzi, le chiese antiche stanno marcendo. Ancora la metà della popolazione abita in prefabbricati e case di legno.

Mi guardano incuriositi e con occhio sinistro gli aquilani che incontro, fanno domande ma non rispondono alle mie. Proprio come se stessi deturpando il loro dolore, proprio come se fossi uno sciacallo dei loro ricordi. Ma non voglio esserlo, mi guardo intorno e taccio.

Negozi chiusi, impolverati. Le insegne cadono, le vetrine si scuriscono. E fa pensare anche un cane che rosicchia il cranio di un altro cane. I bicchieri usati e lasciati nel lavandino da tre anni, calendari immobili al mese di aprile 2009, gli orologi fermi alle 3.32, crepe nelle pareti, abitazioni ridotte a scheletro. Tutto è rimasto fermo nel centro.

Nella periferia si ricostruisce di più. Case nuove pitturate di colori accesi come il giallo, l’arancione, il verde ed il fucsia fanno pensare ad una reazione psicologica degli aquilani: dopo la polvere grigia che ha riempito i ricordi del loro passato, vogliono ricominciare a pulsare. Ed ecco che compaiono gru e cartelli “lavori in corso”, ma ce ne sono ancora troppo pochi.

Sara Stefanini