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Approvata la riforma taglia-province. Attiva dal 2014
Il risparmio sarà di 40 milioni di euro l’anno

Il consiglio dei Ministri ha approvato il decreto-legge che completa il percorso avviato nel mese di luglio, finalizzato al riordino delle province e all’istituzione delle città metropolitane. Illustrando il provvedimento, il ministro della Funzione Pubblica, Filippo Patroni Griffi, ha annunciato che «dalle 86 provincie di Regioni a statuto ordinario arriveremo a 51, comprensive delle città metropolitane». La Regione che perde più Province è la Toscana. Ne lascia ben 6, mentre a Basilicata, Molise e Umbria  resteranno regioni ‘monoprovincia’. La Lombardia passa da 12 a 7, la Calabria torna a 3, l’Emilia Romagna perde 4 province, il Piemonte 3. Resteranno 3 province nel Lazio, due in Abruzzo. In Veneto Rovigo va con Verona. Nelle Marche Ascoli va insieme a Macerata e Fermo. SEI D’ACCORDO ALL’ACCORPAMENTO? VOTA IL SONDAGGIO Continua a leggere

Via le Province, la nuova cartina d’Italia. Scopri se la tua è stata “accorpata”

Al momento 107 sono le Province esistenti. Ma il governo Monti, con lo scudo protettivo della Spending review, ha deciso di tagliarne la metà e ridisegnare la cartina italiana.

La delibera (art. 17 DL 95/2012 AS3396) è stata emanata proprio ieri dal Consiglio dei Ministri insieme ai criteri di scelta delle province: 350 mila abitanti e 2.500 chilometri quadrati, questi i parametri che mettono a rischio 64 enti, 50 nelle Regioni a statuto ordinario e 14 in quelle a statuto speciale. Un sospiro di sollievo per 43 province, tra cui 10 città metropolitane, 26 in Regioni a Statuto Ordinario e 7 in Regioni a Statuto speciale.
Potrete dire addio alle province di Lecco, Lodi, Monza Brianza, Varese, Imperia, Reggio Emilia, Ravenna, Rimini, Arezzo, Siena, Pisa, Livorno, Latina, Rieti, Viterbo, Pescara, Taranto. Queste sono solo alcune delle province che non verranno soppresse ma “semplicemente” accorpate.

La nuova cartina dell'Italia secondo Monti e Patroni Griffi

Secondo il ministro Filippo Patroni Griffi, il successore di Brunetta e Calderoli (ebbene sì, anche i due ministeri sono stati accorpati) sarà legge dello Stato entro fine anno. Voleva togliere le festività patronali e alla fine ha tolto le tante province per unirle tutte insieme appassionatamente, ce ne dobbiamo fare una ragione. Ai consigli delle autonomie locali tocca la patata bollente, però. Infatti, saranno loro che dovranno presentare un progetto di accorpamento alla Regione e di conseguenza, al governo. «Entro l’anno, se non prima – puntualizza il ministro – il riordino delle Province sarà legge dello Stato».

Spuntano le ordinarie prime polemiche visto che città rivali storiche come ad esempio Pisa e Livorno si dovranno unire e lo stesso vale per Siena e Arezzo. La Polverini contesta i criteri. Nel Lazio Latina si potrebbe gemellare con Frosinone e Viterbo e Rieti e Civitavecchia diventeranno “Tuscia e Sabina”. E regioni a statuto speciale come la Sardegna rivendicano la loro autonomia. La “Grande Brianza” (sembra più il nome di un partito, in realtà) accoglierà Brescia, Bergamo e Pavia.

Manovra giusta o no? Sicuramente i cittadini delle province “tagliate” si sentiranno sentimentalmente colpiti, ma da questo ne deriverà, si spera, molto meno “magna magna” tipico delle amministrazioni e delle regioni, ergo, uno snellimento dei lavori. Ma, di certo, ci saranno meno posti di lavoro. Certo è che invece di pensare alle tasse sulle bollicine, all’abolizione di feste patronali e all'”unione fa la forza” delle province, si potrebbe pensare a tassare e/o ridurre anche qualcos’altro.

Ad ogni modo, dopo aver finito di giocare a Risiko, i nuovi enti organizzeranno insieme la pianificazione territoriale di tutela dell’ambiente, della viabilità e del trasporto provinciale. Insomma, come dire, il governo si è divertito a ridisegnare la cartina, ma sono gli enti regionali a doverla colorare.

Sara Stefanini

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