“Tutti i santi giorni”, stare insieme a trent’anni
Amori comuni nella nuova commedia di Virzì

Dall’11 ottobre al cinema l’ultimo film di Paolo Virzì, “Tutti i santi giorni”, la commedia che racconta di una coppia che prova, senza successo, ad avere figli. Ma questa è solo la superficie. La storia, interpretata da volti poco noti al pubblico, quelli di Luca Marinelli e Federica Victoria Caiozzo, in arte Thony, è intrisa di tematiche che impregnano la nostra quotidianità. Due trentenni che vivono a Roma, lui toscano, lei siciliana, fidanzati da sei anni.

Completamente diversi, Guido innamorato delle lettere classiche e legato ai buoni principi, Antonia ,dall’animo rockettaro, suona la chitarra e compone canzoni che esibisce nei locali. Ma entrambi fanno altro per vivere, lui portiere notturno in un albergo di lusso, lei impiegata alla stazione dei treni. Si sono ritagliati una propria dimensione, alla periferia di Roma: quando Guido rientra, all’alba, sveglia Antonia, con colazione a letto e storia del santo del giorno. Si amano, diversi così come sono, tra di loro e dagli universi familiari che li circondano: i vicini rozzi e violenti, pieni di figli ma incapaci di unione, il fratello di Guido, funzionario del governo negli Stati Uniti, dove si è trasferito e sposato, i genitori di Antonia, quasi opprimenti per quanto legati ai valori della famiglia.

Peccato che Guido e Antonia non riescano ad avere figli, nonostante le provino tutte: dapprima si affidano ad un luminare del Vaticano, un comico dottore del Sud (che non esita a definirli “lento ed attempata”) per poi approdare alla decisione della fecondazione assistita. Qui Virzì apre un altro scenario complesso, che sa raffigurare intensamente, tra sorrisi ( indimenticabile la scena della corsa dei papà per l’inseminazione) e commozione per il fallimento della bella coppia, a cui si finisce per affezionarsi.

La relazione di Guido e Antonia affronta così un momento di profonda crisi, dato dal sentimento d’insufficienza che pervade Antonia e che la porta a fuggire, tornando dalla vecchia fiamma Jimmy, che suonava con lei ai tempi dei “Trinacria style”. Guido la cercherà ovunque, capace di qualsiasi umiliazione pur di riportarla a casa, scontrandosi a più riprese con la violenza fisica, che depreca ma che sembra il modo più utilizzato dal mondo che lo circonda per risolvere qualsiasi cosa.

Lieto fine. Una storia che ha però un lieto fine, l’amore trionfa, anche se la vita insieme sarà diversa da quella che si era programmata. Guido e Antonia si sposano ed il film finisce così, con tutte le famiglie riunite. E solo al momento del “the end” il regista ci fa scoprire come i due si sono conosciuti e innamorati: lei che si esibisce con una parrucca rosa sul palco di un locale, lui l’unico che applaude, non distratto dalla confusione ma già perso della sua voce, delle parole delle sue canzoni. Guido, che prima di lei non aveva avuto nessuna. Antonia, che prima di lui credeva di amare un batterista esaltato, spesso ubriaco.

Ma si sono scelti, per tutti i santi giorni.

Alessandra D’Acunto

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