Urban Diary di Ignazio Gori – Diciottesima puntata
Il Caro Diario e la Poesia

diarioIn questa sorta di esercizio pessimistico, verrebbe da iniziare con un “Caro Diario …” ma di caro non credo di avere più nulla, nemmeno i miei amati taccuini, che riempio di ingiurie. Oggi Roma non sembra Roma. Un forte vento di tramontana spazza le strade. Un gelido deserto di cemento. Esco di rado. Come in un viaggio impossibile, alcuni giorni fa, ho raggiunto il Campidoglio, dove mi hanno assegnato un premio per le mie poesie. Ma che senso ha scrivere poesie in un tempo come questo. Ne esco sconsolato, come un inutile perdente.

Mi sembra di sfiorare una morte estatica, che non trasmette alcuna paura. Gino il Velletrano ha detto di volermi uccidere. Sono anni che lo dice, senza far nulla. Con le sue lamentele non fa altro che alimentare uno strazio che mi serve appena per scrivere poesie. Il mio nervosismo annega in un fiume di caffè. Ne prendo uno al Caffè Santos. Uno al bar Moby Dick , sono il Santo Bevitore di Caffè. Tutti dicono di amarmi, ma ignorano forse cosa sono diventato: una signora Stone precocemente invecchiata. Oggi ho visto in estasi “Un chant d’amour” di Jean Genet. Sconvolto sono uscito di casa, rintanandomi nella chiesa di San Felice, a Centocelle. Appena entrato ho intinto la mano nell’acquasantiera. Al contatto con il dito l’acqua ha iniziato a friggere. Forse sono già morto e non faccio altro che scaldare un’ombra del passato.

Ignazio Gori

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