Urban Diary di Ignazio Gori – Sesta puntata
Il figlio gay e il padre mussoliniano

Piero è un degno figlio. “Pensavo di poter dire tutto il male del mondo riguardo mio padre, finché un giorno, tornando a casa, non lo trovai appeso per il collo al lampadario“. Stamane, mentre camminavo sotto la pioggia, mi è tornato in mente Piero, come una piccola scossa elettrica. Non credo che Piero abbia reagito in modo razionale, davanti al cadavere di suo padre. “Quando era vivo,” mi confidò qualche settimana dopo il funerale, “ero fin troppo indipendente dalle mie paure. Ora no. Ora proprio non ci riesco. Eppure lo odiavo”.

Il padre di Piero era un uomo rigido, mussoliniano. Rievocava pregi da rimpiangere, valori cari al fascismo, quali l’integrità e l’onestà verso la patria, il lavoro e la famiglia. Piero non lo sopportava. Quelli con il padre gli sembravano una sfilza infinita di giorni da scontare sotto la maschera della volgarità.
Si trattava per Piero di opporsi persino a se stesso, per fronteggiare una figura tanto ingombrante come quella di un padre fascista; un uomo che si era imposto ideologie e violenze, ma che era morto povero di tutto, persino dell’affetto del figlio. Perché si era ucciso? Aveva forse bisogno di un ultimo, accomodante ritratto? Di un po’ d’attenzione post mortem?

Piero è gay.
E lavora al banco della frutta in un Conad di periferia, tra il Quarto Miglio e Ciampino.
Piero continua ad essere un degno figlio.
Ogni volta che piove mi ricorderò di lui.

Ignazio Gori

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