Vaticano: l’Imu, questa sconosciuta
Braccio di ferro con Ue: pagare arretrati Ici dal 2006

Diventa sempre più scottante per il governo il dossier che riguarda l’Imu alla Chiesa. Il Vaticano non ha nessuna intenzione di pagare l’Imu sui suoi immobili, essendo uno stato autosufficiente ospitato sul suolo italiano e regolato da un concordato (giusto o sbagliato che sia), gli edifici della chiesa godono di extraterritorialità e quindi non devono essere sottoposti alle leggi italiane. La chiesa, inoltre, dopo l’ingiunzione di Bruxelles, non vuole assolutamente pagare l’Imu sugli edifici a scopo commerciale. La Commissione guidata da Barroso ha inviato un duro monito al ministro dell’Economia Vittorio Grilli: bisogna far pagare la nuova imposta sugli immobili alla Chiesa e inoltre, si esige che si devono recuperare gli arretrati sulla vecchia Ici fino al 2006.

Il governo, starebbe per varare una modifica sul regolamento della dichiarazione dei redditi che consentirebbe a Chiesa ed enti no profit di avere un’imposta più leggera grazie a una semplice modifica del loro statuto da apportare entro dicembre. E’ allo studio, dietro consulenza dell’ufficio esperti edilizi del vaticano, una definizione precisa e specifica per questo tipo di soggetti (e non per i normali privati o per le imprese) di quello che non è attività commerciale in un contesto immobiliare: se una parte di una proprietà è destinata a un’attività che porta profitti (per esempio ostelli, o mense, o veri e propri esercizi), sarà possibile evitare il versamento. Per quanto riguarda gli edifici religiosi, il fatto non è in discussione: sono esenti da Imu come lo erano dall’ici. In base alla nuova definizione, ecco gli sconti possibili:
Non c’è attività commerciale, dunque non si paga l’Imu, se nello statuto dell’ente no profit si prevede il divieto di distribuire utili o l’obbligo di reinvestirli esclusivamente a fini di solidarietà sociale. O ancora se si inserisce l’obbligo di devolvere il patrimonio, quando l’ente si scioglie, ad altro ente no profit con attività analoga. E ancora, cliniche e ospedali sono fuori dall’Imu se accreditate o convenzionate con Stato ed enti locali, le loro attività assistenziali svolte «in maniera complementare o integrativa rispetto al servizio pubblico», a titolo gratuito o – e qui viene il bello – dietro pagamento di rette «di importo simbolico». Scuole e convitti esentati se l’attività è “paritaria” rispetto a quella statale e non “discrimina” gli alunni. Le strutture ricettive, se la ricettività è «sociale». E infine, per le attività culturali, ricreative e sportive fa fede ancora il compenso.

Se «simbolico», zero Imu. Con tutto ciò che “simbolico” possa voler dire. Un atteggiamento che, oltre a provocare dure polemiche, crea grossi problemi all’Italia in sede europea. Bruxelles, infatti, punisce gli aiuti di Stato illegali e chiedere gli arretrati delle somme non pagate: una stima che può essere valutata in circa 3 miliardi di euro.
Il governo è intimidito dai potenti vaticani, i tecnici sono a disagio tra bocciature del Consiglio di Stato, insofferenze da parte dell’opinione pubblica e mugugni delle amministrazioni locali, cerca un possibile e diplomatico bando della matassa. Guido Castelli, sindaco di Ascoli Piceno e responsabile finanza locale dell’Anci – dice: «è uno stimolo a fare chiarezza, non solo sul pagamento da parte di Chiesa e di associazioni no profit (come le onlus esentasse), ma anche su tutta una serie di altre questioni legate alla nuova imposta, che risultano drammaticamente poco chiare». E’un assist europeo, che i sindaci sfruttano per soffiare sul fuoco sotto al sedere di un governo eccessivamente timido e permissivo con i grandi, drammaticamente classista, cinico e dittatoriale con i piccoli. Un governo, che intorno alla vicenda dell’Imu ha, commesso parecchie scivolate e imprudenze. Non ultima quella di aver imposto alle municipalità di versare nelle casse dello Stato gli eventuali avanzi calcolati mettendo a confronto gli introiti della nuova Imu con quelli della vecchia Ici del 2010. «In questo balletto di cifre in gioco c’è circa un miliardo di euro – fa notare Castelli – che il governo non ha ancora comunicato come vuole recuperare».

Una cifra, pari a quella che secondo le stime dell’Anci, deve essere versata dalla Chiesa per gli arretrati sulla vecchia Ici. Sono più di 200 milioni all’anno a partire dal 2006, soldi che ora l’Unione vorrebbe a tutti i costi che lo Stato italiano recuperi, pena la comminazione di una pesante maxi-multa. «Sono fondi utili a coprire alcuni squilibri – dice ancora Castelli – per ripianare i buchi dovuti alla lacunosità di una legislazione sull’Imu da imputare solo al governo».
L’esecutivo pare essersi impegnato entro dicembre a trovare una soluzione, che a questo punto non potrà non tener conto anche del fermo richiamo di Bruxelles. Magra consolazione per i contribuenti, che dietro il buco creato dal mancato pagamento da parte della Chiesa, ravvisano la possibilità che il governo rimetta mano alle aliquote base già decise. Una possibilità che, il governo si è concesso per legge fino al 10 dicembre.
«Spero che il governo – attacca Castelli – si decida finalmente, sull’onda anche di questo sollecito europeo, a fare presto chiarezza intorno ad ogni aspetto dubbio dell’Imu. Tenendo tra l’altro sempre presente che il vero chiarimento ci sarà quando la nuova tassa sugli immobili sarà trasferita totalmente ai Comuni. Una prospettiva – conclude Castelli – che, come ha annunciato lo stesso Grilli in un convegno pubblico dell’Anci, dovrebbe divenire realtà a partire già dal 2013».

Diego Cimara

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