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Tariffa rifiuti: per la Cassazione non è soggetta all’IVA

 

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Dopo 4 anni di peripezie la Corte di Cassazione ha espresso giudizio attraverso la sentenza del 9 marzo 2012. Dopo le sentenze di vari giudici con pareri discordanti, la Corte ha dichiarato (sentenza n. 238/09) che essendo una tassa e non una tariffa, quella dei rifiuti solidi urbani non doveva essere soggetta all’Iva perché sarebbe stato come pagare una tassa sulla tassa. Non che in un paese come l’Italia non sia possibile una cosa del genere. Ma per fortuna, almeno in questo caso, tutto sembra andare per il verso giusto.

In questi anni, le associazioni di consumatori chiedevano il rimborso dell’Iva ai Comuni e alle Aziende Municipalizzate dato che proprio a loro era stata versata la tassa. Ma questi enti avevano già versato l’Iva allo Stato e inoltravano le richieste al Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF).

Nel 2010, il Comune di Roma toglie l’Iva ai rifiuti, detta T.I.A. (Tariffa di Igiene Ambientale) introdotta dal decreto Ronchi. La segue a ruota anche l’Agenzia delle Entrate di Trento. Ma la disposizione interpretativa nell’articolo 14, comma 33 del decreto legge 78/2010, da parte del Ministero, rimette tutto in gioco. Come se la Corte non valesse nulla. Il Governo, dal canto suo, cercava di barcamenarsi come poteva con emendamenti, proposte di legge e circolari, come la n. 3 del 2010 nella quale esplicita la continuità tra Tia1 e Tia2 come una normale entrata di servizio e quindi soggetta a Iva. Roma rimette la tassa.

Un colpo di scena: la Corte di Cassazione ribadisce che la tassa sui rifiuti sia essa TARSU, TIA1 o TIA2 (ancora non applicata), “non è assoggettabile all’ IVA del 10% in quanto costituisce un entrata tributaria e non un corrispettivo per il servizio reso” (Sentenza n. 3756 del 9 marzo 2012). Come aveva già asserito con la sentenza del 2009, rimasta inascoltata. In più, considera l’interpretazione data dal MEF “frutto di una forzatura logica del tutto inaccettabile”.

Come si può chiedere il rimborso Iva sulla tassa rifiuti?

A questo punto non resta che compilare tutti immediatamente i moduli di richiesta (scaricabile sul sito sportelloconsumatori.org) della restituzione dell’Iva pagata. Ma come per tutti i rimborsi, emergono delle complicazioni. È utile avere tutte le fatture pagate a partire dall’anno in cui il Comune di appartenenza è passato dalla Tarsu alla Tia. Non tutti hanno aderito, alcuni continuano ad applicare la Tarsu. Se si appartiene a uno di questi Comuni, non si può ricevere alcun rimborso perché non è stata applicata alcuna Iva alla Tarsu. Se poi, il Comune è passato alla Tia, occorre sapere se è stata adottata la Tia1 o la Tia2. Nel primo caso il rimborso è assicurato. Nel secondo no, per via del problema suddetto dell’interpretazione.

Si deve, poi, chiedere alla società che gestisce il servizio dei rifiuti, la sospensione dell’applicazione Iva al 10%. Qualora il rimborso venisse negato, si può citare in giudizio, tempi italiani permettendo. La restituzione dell’Iva deve avvenire entro 60 giorni dal ricevimento dell’istanza del rimborso, in un’unica soluzione da chi ha applicato l’Iva.

Se non si avviano le procedure di restituzione Iva?

Il nostro Bel Paese è strano anche in questo caso, la restituzione non è “automatica” ma nominativa. Chi non avvia questo processo, continuerà a pagare la tassa sulla tassa. Quindi, chi non sa, paga. Ecco perché è poco divulgata questa notizia. Ma Kaleidoscopia, sportelloconsumatori.org e altri siti, si impegnano a divulgare la news.

Per l’Adoc, l’Associazione per la Difesa e l’Orientamento dei Consumatori, è già una vittoria questa. “Stimiamo tra i 100 e i 200 euro l’importo medio del rimborso destinato alla singola famiglia” dichiara Carlo Pileri, Presidente dell’Adoc.

Le disposizioni future

Con la manovra varata dall’attuale governo Monti, Tarsu Tia1 e Tia2 dovrebbero andare in pensione. Dal 2013 nascerebbe, infatti, un nuovo tributo comunale sui rifiuti non soggetto ad Iva. Ad ogni modo, è come se la Corte Costituzionale stia perdendo, a poco a poco, importanza e solennità.

Sara Stefanini

Roma e i rifiuti, Pecoraro rende ufficiali le discariche provvisorie

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Giuseppe Pecoraro, prefetto di Roma e commissario straordinario per la chiusura di Malagrotta dichiara: “Se ci saranno opposizioni, Roma entrerà in emergenza come Napoli”. Il suo intento è quello di preordinare un decreto di occupazione e urgenza dei luoghi Corcolle San Vittorino e Riano Quadro Alto. In tal caso ci saranno procedure accelerate e gare di appalto europee il più trasparenti possibili.
È quanto ha affermato il 25 ottobre all’audizione delle ore 12.00 della Commissione Ambiente del Consiglio regionale Lazio. Sono state, quindi, individuate le discariche provvisorie di 36 mesi dove giaceranno i rifiuti di Roma, Ciampino, Fiumicino e Città del Vaticano. I siti saranno utilizzati provvisoriamente in attesa della costruzione dell’impianto definitivo di Pizzo del Prete, nel territorio di Fiumicino, entro tre anni. I finanziamenti sono di 2 milioni di euro dalla Regione.
Le opposizioni, l’ex prefetto di Benevento, le accetta solo se sono costruttive. In caso contrario, gli ostacoli porterebbero solo ad uno stato di confusione emergenziale. Sottolinea più volte che si è preso una responsabilità in quanto funzionario dello Stato e di conseguenza non vuole che la situazione degradi. I due siti provvisori alla discarica di Malagrotta sono stati scelti perché immediatamente utilizzabili e già escavati.
Daniela Valentini, consigliera regionale del PD e vicepresidente della Commissione Ambiente e Cooperazione tra i popoli, si dice preoccupata. Roma è già in stato di emergenza se non c’è trasparenza e condivisione delle scelte. Invece sono già stati scelti i luoghi delle “megadiscariche” senza praticare la raccolta differenziata imposta dalle leggi europee. Ci sarebbero poi, secondo la Valentini, dei disappunti per Riano sia perché si tratta di un terreno privato di Cerroni, sia per via dell’eventuale inquinamento delle falde acquifere del Tevere con successivo danno a Roma. Rincalza la tesi appena descritta, il consigliere regionale del PD Carlo Lucherini, dichiarando l’impossibilità di scaricare rifiuti di 3 milioni di abitanti in un paese di 10 mila. Si tratta di una scelta politica e non di una scelta ponderata.
I cittadini di Riano si oppongono con determinazione alla costruzione di Malagrotta 2, rincuorati dalla stessa regione che nel 2009 considerò non idoneo quel territorio. Giuseppe Pecoraro motiva le sue decisioni e declina l’offerta degli altri 7 spazi indicati dalla regione. Monte dell’Ortaccio è altamente inquinato ed è vicinissimo a Malagrotta. Pizzo del Prete non è escavato e Castel Romano è fortemente urbanizzato, 852 abitanti (dati ISTAT 2011). Pian dell’Olmo, troppo piccolo e Osteriaccia a Fiumicino troppo limitrofo all’autostrada e all’ospedale pediatrico. Pecoraro ha rivelato anche di aver chiesto siti alternativi da Comune e Provincia di Roma, ma di non aver ricevuto indicazioni.
In ultima istanza, nell’audizione è stata proposta la costruzione di un quinto impianto di trattamento meccanico biologico (TBM) per il non conferimento in discarica del rifiuto non trattato. La capacità attuale degli impianti lascia fuori circa 5 mila tonnellate al giorno prodotte da Roma. C’è chi, come Rocco Berardo della Lista Bonino Pannella, teme che questi rifiuti finiscano nei siti provvisori.

Sara Stefanini

Sai quanto ci mette a biodegradarsi?

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Quando vedo gente che butta un fazzoletto, una gomma o qualcosa per terra dico sempre: “Lo sai quanto ci mette a biodegradarsi?”. Questo perché, alle medie, mi rimase impresso un cartellone che c’era all’entrata della scuola con tutti i tempi di degradazione degli oggetti.

Purtroppo, nel nostro cervello, è come se pensassimo che, se buttiamo qualcosa per terra, questa ‘puff’ sparisce. Come se uno gnomo della notte se la portasse via o meglio, se la Terra se la inghiottisse. Questo poi dipende dalla fervida immaginazione di ciascuno. In realtà rimane tutto lì. Ai lati della strada, in mezzo alle rotaie del tram, sui marciapiedi, in mezzo al verde. Ovunque.

Ci vuole un po’ di sensibilizzazione in più. Così, anche voi, appena voi o i vostri amici gettate qualcosa per terra, vi verrà in mente la tabella della biodegrabilità, spero. Di seguito, una tabella presa dal sito asianapoli.it. E vi metto in grassetto, gli oggetti che più comunemente si buttano via pensando “vabbè, sono cose piccole, che sarà mai!”.

 

OGGETTO

TEMPO DI BIODEGRABILITA’
TOVAGLIOLO DI CARTA 2 – 4 SETTIMANE
GIORNALE 6 SETTIMANE
GUANTO IN COTONE 1 – 5 MESI
SCATOLA DI CARTONE 2 MESI
TORSOLO DI MELA 2 MESI
CARTONE DEL LATTE (TETRAPACK) 3 MESI
FAZZOLETTO DI CARTA 3 MESI
SIGARETTA SENZA FILTRO 3 MESI
QUOTIDIANI E RIVISTE 4 – 12 MESI
GUANTO DI LANA 1 ANNO
PANNOLINO BIODEGRADABILE 1 ANNO
SIGARETTA CON FILTRO 1 ANNO
LEGNO COMPENSATO 1 – 3 ANNI
GOMMA DA MASTICARE 5 ANNI
LEGNO VERNICIATO 13 ANNI
LATTINA IN ALLUMINIO 20 – 100 ANNI
BARATTOLO 50 ANNI
CONTENITORE IN POLISTIROLO 50 ANNI
PANNOLINO USA E GETTA 450 ANNI
BOTTIGLIA DI PLASTICA 100 – 1000 ANNI
BUSTA DI PLASTICA 100 – 1000 ANNI
CONTENITORE IN PLASTICA 100 – 1000 ANNI
PIATTO DI PLASTICA 100 – 1000 ANNI
SACCHETTO DI PLASTICA 100 – 1000 ANNI
CARTA TELEFONICA 1000 ANNI
BOTTIGLIA DI VETRO OLTRE 1000 ANNI

 

Rendiamoci conto di come, un semplice gesto, può valere anni. Rendiamoci conto che quello che buttiamo è quello che utilizziamo, e siamo noi i diretti responsabili. Poi non ci lamentiamo se le città si allagano, vi immaginate quanti di questi oggetti finiscono nelle fogne? Il risultato: intasamento. Pensate a quando andate a fare un pic-nic nel parco. Se non buttate i piatti di plastica e nessuno li butta per voi, rimangono lì per un secolo. La gomma, seppur piccola, vive per ben 5 anni. E considerate tutte le gomme che vengono gettate al giorno. Ecco, il cambiamento si fa dalle basi, rendendovi conto voi stessi di quello che fate. Spero che adesso ognuno di noi rifletta di più, prima di gettare in terra qualcosa. Che strade e che parchi lasceremo ai nostri figli? Vi immaginate un parco pieno di rifiuti?

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Sara Stefanini