“La biblioteca di Gould” di Bernard Quiriny

NZOPer far intendere il tono de “La biblioteca di Gould” del francese Bernard Quiriny, non basta dire che è una di quelle piacevoli e sorprendenti letture scoperte che lasciano il segno.

Il testo,  edito dalla giovane e arrembante casa editrice romana L’Orma, ha vinto nel 2013 il Grand Prix de l’Imaginaire imponendo al pubblico l’autore, Bernard Quiriny, docente di filosofia e diritto all’Università della Bourgogne.

Il riconoscimento infatti è tutto meritato, perchè le capacità immaginative dell’autore si sviluppano attraverso una sequenza fintamente imperfetta di brevi racconti, o estratti frammentari di considerazioni critiche o diaristiche, esplorando con sottile erudizione limiti sperimentali rari a trovarsi.

E’ un libro erudito, sfizioso, minuziosamente contagioso. Gould è un immaginario folle bibliotecario che accompagna il lettore attraverso i suoi stessi gusti e considerazioni letterarie, scandagliando le eventuali qualità dell’aspirante scrittore del Libro Perfetto, quello che più di tutti sublima la “noia”. Tramite un giuoco di rimandi letterari, più o meno verosimili, e descrizioni di città, dove possiamo intravedere una ispirazione calviniana, Gould e il suo alienante alter ego spostano via via l’attenzione del lettore scorrendo la mappa di una geografia intima e universale al contempo: città, personaggi sommersi, e vecchie edizioni di libri, utili appena al ricordo di un feticista librario.

I libri proposti dalla collezione di Gould presentano caratteri maniaci, ossessivi, dotati di quel potere che l’autore ravvede nell’aspetto salvifico dell’oggetto-libro. Sono libri-salvezza o libri-suicidio, ma i vari autori ne escono comunque come dei piccoli eroi romantici. Un piccolo universo di citazioni ed espedienti magico-narrativi, dove ogni pagina presenta al lettore un regalo o un pacco-bomba, da usare o disusare, in base allo stato d’animo del momento. Infatti, oserei definite “La biblioteca di Gould” un viaggio emozionalmente camaleontico; un libro che può essere apprezzato e amato da chi trascende da una comunicazione critica generalizzata e di conseguenza riesce a scorgere tra le righe un giuoco pregno di sottile ironia, da non rinnegare, soprattutto alle pendici del nuovo millennio, in cui l’oggetto-libro non rimane che un ostacolo mnemonico da digerire, non senza però aver riflettuto su particolari non a tutti visibili.

Ignazio Gori

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