“120 battiti al minuto” di Robin Campillo

downloadÈ un film estremamente emozionante, duro, esplicito, un’opera militante che tocca i temi dell’Aids e soprattutto dell’eutanasia.
Siamo agli inizi degli anni ‘90, a Parigi, nell’ambito delle proteste e dei sit-in provocatori di Act-up, associazione nata in America nel 1987 per incentivare le ricerche mediche riguardo l’epidemia dell’Aids e per combattere la disinformazione dei media, delle industrie farmaceutiche intente solo a guardagnare con cure approssimative, volte soprattutto a non allarmare la “massa”. Un gruppo di ragazzi dunque – gay lesbiche tossicodipendenti ex detenuti e altri diseredati sociali, affetti da HIV o sensibili all’argomento – lottano contro l’indifferenza sociale, l’ipocrisia politica di Mitterand e soprattutto contro una “data” industria farmaceutica presa dal regista come esempio del peggior approccio possibile al tema trattato.
I ragazzi ripresi nel film come in un documentario, si scontrano con gli altri e tra loro, tra paure e autoironia. Il protagonista – se così si può identificare il personaggio di Sean (Nahuel Pérez Biscayart) – sieropositivo e voce intensa di Act-up Paris, si innamora di Nathan (Arnaud Valois), sieronegativo, il quale non accettando di vedere il compagno morire in agonia, tra incompetenza e ipocrisia terapeutiche, gli toglie la vita quando già la malattia è allo stato terminale.
Il film fa emergere un sentimento estremamente vitale in un contesto di dolore ed emarginazione, ma è capace soprattutto e con naturalezza di coinvolgere lo spettatore – molto più del recente e pur ottimo “Dallas Buyers Club” di Jean-Marc Vallée – nel non rendere invisibili e lontani problemi ormai forse fintamente superati. I dibattitti nelle aule di Act-up non sono mai noiosi, anzi, interessanti e quasi sensuali e le scene di sesso esplicito mai volgari o forzate; bravissimi dunque gli attori a trasmettere intensità e tenerezza.
Questa fatica di Robin Campillo, costata cinque anni di lavoro e frutto della sua sensibilità multietnica (marocchino con padre francese e madre spagnola) vuole dirci che se i 36 milioni di sieropositivi nel mondo vivono ora in una certa maniera lo devono a ragazzi come Sean e Nathan, che hanno gridato nelle piazze beccandosi manganellate, che hanno subito discriminazioni di ogni genere, che hanno gettato palloncini di sangue finto in faccia ai moralisti, che non hanno sottoposto il loro amore e la loro voglia di vivere alla paura.
È un film-manifesto, un piccolo miracolo cinematografico, con attori tutti realmente omosessuali, un’opera che spezza l’attorialità commerciale di “Philadelphia” di Jonathan Demme, entrato nella memoria collettiva come il primo film sul tema dell’Aids.
Avendo meritato il Grand Prix della Giuria allo scorso Festival di Cannes, “120 battiti al minuto” rappresenterà la Francia agli Oscar 2018 e sarebbe davvero importante, al di là del valore cinematografico, premiare un film che a mio avviso fa da “ponte emozionale” tra attori e spettatori come pochissimi altri negli ultimi anni.
A quelli che dicono che Act-up è ormai una loggia di potere, si potrebbe rispondere con lo slogan: “Se ti ha cambiato la vita l’HIV, nessuno ci pensa se non ci pensi tu!”.

Ignazio Gori

Lascia un commento