La grande bellezza, tra party mondani e soubrette
Il nuovo film di Sorrentino con un grande cast

la-grande-bellezza03Di nuovo Paolo Sorrentino e Toni Servillo. Ovvero Jep Gambardella e Roma. Il ruolo che Servillo interpreta ne La grande bellezza è quello di un malinconico e cinico osservatore di un mondo in disfacimento. Non c’è trama. Il tutto è un lento susseguirsi dietro i passi di Jep Gambardella, scrittore e giornalista di successo di origine campane. Jep è il migliore.

Ha scritto un solo romanzo di successo: L’apparato umano, e per anni si è dedicato al giornalismo intellettuale, ospite annoiato nella sua stessa attesa di poter scrivere il secondo romanzo della sua vita; il pretesto poi si rivelerà il ricordo di un amore sciupato dal passato. Roma viene passata in rassegna dietro l’occhio poetico e tagliente di Sorrentino con colori e immagini dove la bellezza satura il gusto dello spettatore. La vita di Jep è prevalentemente notturna, dove gli scatenati party mondani fanno da contraltare a cardinali e suore santificate.

Toni-Servillo-foto-Gianni-Fiorito-7887871Terrazze con vista sul Colosseo. Comodi divani in lino bianco. Belle donne e soubrette cocainomani rimandano inevitabilmente alla nostalgia per alcune pellicole di Ettore Scola e per i caratteri grotteschi a quelle di Fellini, ma si intuisce anche qualcosa di Vittorio Caprioli; anche se Sorrentino è abilissimo a scostarsi dai suoi grandi maestri ispiratori, identificando il suo stile, unico nel panorama internazionale. Infatti nelle riprese, nelle inquadrature, nei dialoghi e soprattutto nel personaggio di Servillo c’è tutto il futuro del cinema italiano.

Quel modo di essere, di affrontare la realtà con scanzonata rassegnazione e con una certa poesia passiva, da tenersene amorosamente distaccati. Nel film ci sono Gli indifferenti di Moravia. C’è il Diario notturno di Flaiano. Gambardella infatti ha l’eleganza e la noia di Moravia. La spregiudicatezza e il cinico arrembaggio di Flaiano, nell’affermare ad esempio – vera e propria perla del film – che tra le cose per cui vale la pena di vivere c’è sicuramente “l’odore delle case dei vecchi” e non magari la “farfallina” della Belen Rodriguez di turno. Gambardella è un intellettuale che ama citare Proust ma che di più preferisce auto-citarsi senza disprezzare l’autocritica, elevata a forma d’arte, riguardo ad esempio l’ossessione che nutre per la sua incapacità a riprendere la scrittura. Le cause sono tante, sono i party, le donne, la causa è una Roma cogliona e ammaliatrice che non dà tregua. Gli amici del protagonista sono vari come la fauna della sua coscienza.

grande-bellezza-4-3341673_0x410Il ruolo dell’attore fallito tocca a un Carlo Verdone finalmente fuori dal suo stereotipo. Quello della gonfia ex soubrette in decadenza spetta a Serena Grandi. E poi c’è la bravissima Sabrina Ferilli, una “coatta” imborghesita e annoiata della vita, che per ammazzare il tempo si spoglia nel club privè di proprietà del padre; un personaggio genuino, pieno di grinta e sofferenza, che non risparmia sul finale una timida tragedia. Carlo Buccirosso (già visto ne Il Divo e attore feticcio di Sorrentino) interpreta invece un grosso industriale del giocattolo, ninfomane e bugiardo, quasi la spalle perfetta di Gambardella. Ci sono molte donne nel film, molto sesso, molta letteratura, molta ipocrisia papalina. Intanto le immagine splendide si susseguono come citazioni di citazioni, omaggi di omaggi.

La grande bellezza piacerà ai grandi appassionati del cinema di Sorrentino e poco a chi ha fatto della sua esistenza una bisognosa ricerca di successo da basso impero, tra discoteche e falsi scoop. Se in This must be the place ci sono battute memorabili (per non parlale della caricatura rock di Sean Penn) rivolte alla fragilità dell’intimo; in questo film sentiamo la necessità di scandagliare l’ipocrisia della realtà, sublime, finanche nel più maligno pettegolezzo.

Ignazio Gori

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