Rubrica del calcio del lunedì
La serie A vista da Marco Stiletti

Il terzetto resiste in vetta. Sembra un campionato formula 3, che alla giornata numero 3 ritrova 3 squadre al comando, Juventus-Napoli-Lazio, capaci di vincere a suon di 3 gol. Un treno lanciato ad alta velocità, dietro il quale al fianco dell’emergente Fiorentina del capocannoniere Jovetic rispunta l’Inter, che con la nuova coppia Milito-Cassano vince sul campo del Torino la quarta partita su quattro trasferte. Anche l’anno scorso, infatti, dopo tre partite, i bianconeri erano già in testa con due squadre (Genoa-Udinese) e poi tutti sanno come è andata a finire. Quest’anno a parità di rete incassate i bianconeri ne hanno già realizzate 3 in più (9 segnate e 6 subite), con 7 giocatori, confermandosi un’invidiabile cooperativa del gol, anche senza top player. E siccome il carattere è lo stesso, con o senza Conte in panchina, è scontato ribadire che la Juve è la superfavorita. Nessun timore scaramantico visto che l’anno scorso contro il Genoa non aveva mai vinto e avendo già avuto a favore tre rigori in altrettante partite, soltanto uno meno dell’ultimo campionato. Invece libere da impegni Champions, anche se da Europa League, il Napoli con il nuovo goleador Insigne in più e la Lazio che si dimostra una squadra vera, con la migliore difesa, battuta soltanto su rigore, esaltata da uno spettacolare Hernanes. Lo scudetto sembra una partita riservata tra Juve e Napoli mentre non è da sottovalutare la Lazio che non molla e poi l’Inter che ha ripreso a vincere.

Una Samp da primato. Per la verità, con Juve, Napoli e Lazio ci sarebbe anche la Sampdoria, che per rimanere in tema ottiene 3 punti con altrettante reti, penalizzata però da quel -1 iniziale. Basta una doppietta di Maxi Lopez e un gol di Estigarribia per ottenere il terzo successo di fila. Nonostante la vittoria e il secondo posto in classifica ogni domenica, però, assistiamo ad una Samp diversa. Prima quella spietata di San Siro, poi quella veloce a Marassi contro il Siena e poi quella chiusa e bassa che allinea Estigarribia e Eder spesso ai mediani in un 4-5-1 nel quale anche Maresca trova meno soluzioni. I gol di Celik e Caprari non fanno passare l’esame alla difesa di Ferrara. Ora la curiosità è vedere la difesa blucerchiata contro un attacco più pericoloso.

Un ritorno ben gradito. Andrea Della Valle alza i pugni al cielo. C’è la sua firma nel 2-0 che consente alla Fiorentina di liquidare il Catania e salire al quinto posto in classifica a parità con l’Inter. E’ stato il patron al termine di un’estate bollente, a convincere Jo-Jo a dimenticare il corteggiamento della Juve e a trasformarsi nel punto di riferimento del nuovo progetto viola. Jovetic anche stavolta fa la differenza. Un gol e un assist. Ed è stato sempre il patron a riportare a casa Luca Toni. Per alcuni ormai una vecchia gloria ma per l’azionista di maggioranza della Fiorentina un uomo in grado di lasciare ancora il segno. In campo e dentro lo spogliatoio. E Lucagol lo premia appoggiando in rete il pallone che chiude la partita e battendosi come un leone per una trentina di minuti.

Inter da fuori casa. Inter inarrestabile, basta che giochi lontano da Milano: quattro vittorie su quattro partite fra coppa e campionato, dieci reti segnate, zero subite. Numeri davvero esaltanti. Adesso bisogna riconquistare San Siro, e il match di giovedì contro il Rubin Kazan per il girone di Europa League capita a fagiolo. All’Olimpico di Torino hanno deciso i colpi d’alta scuola dei fuoriclasse con Milito e Cassano, ma hanno impressionato i gregari: per sicurezza, determinazione, applicazione costante. Prendete Ranocchia: la cura Strama lo ha rigenerato. Elegante, spavaldo, non ha concesso una palla. Con lui ha brillato Juan Jesus che è nato nel 1991. Stopper roccioso, scattante, reattivo. Se migliora con i piedi, può avvicinarsi molto a Thiago Silva perchè né ha la stessa esplosività fisica.

San Siro amaro. Il campionato è appena cominciato, ma già ora è difficile immaginare un Milan che possa inserirsi nelle zuffe da vertice, perchè tra gli assenti non c’erano Ibra e Thiago Silva e perchè la botta di sabato sera rischia di sfilacciare ulteriormente il legame di Allegri con l’universo Milan. Magari non servono cene a Forte dei Marmi o ad Arcore, ma la sensazione viva è quella di una squadra che fatica a realizzare ciò che vuole il tecnico e una proprietà distante, anche se resta la prima responsabile della situazione. Non la vigilia ideale per la Champions. Martedì su San Siro, quando i rossoneri giocheranno contro l’Anderlecht, è già notte di destini in ballo. Serve una trasformazione radicale, un cambio di mentalità e soprattutto vincere il timore di esibirsi a San Siro, che sta diventando uno dei nemici peggiori. Se in difesa sono stati commessi degli errori, Allegri vede nell’attacco l’altro grosso problema oltre a quello psicologico: se Pazzini resta a secco, non segna nessuno. Il tecnico si affida al Pazzo e sta cercando di capire chi piazzargli accanto.

Suicidio Roma. Con Zeman il divertimento è assicutaro, ma non solo per la Roma ma anche per gli avversari. Dal dominio assoluto per quasi un’ora al pazzesco riaggancio consumatosi nel giro di un solo minuto, per finire col ribaltone in pieno recupero. Tutto con la firma di Gilardino e di Diamanti. Ma anche con quelle di una difesa giallorossa semplicemente sciagurata, in cui al blackout di Piris, che Zeman sul 2-2 ha buttato fuori per la disperazione, si è aggiunto il grottesco pasticcio Burdisso-Stekelenburg, che ha aperto la strada alla definitiva doppietta sul filo del fuorigioco del redivivo Gila. Difficile spiegare i perchè di questo che, senza nulla togliere ai meriti di un tenacissimo e ben guidato Bologna, è soprattutto un suicidio.

Marco Stiletti

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