“Ti guardo” di Lorenzo Vigas

ti-guardo-trailer-2In una Caracas desolata e desolante, scarna e dura, dove solo il cinismo e la violenza sembrano prevalere, un uomo adesca giovani ragazzi per incentivare le sue frustrazioni pederastiche, incontri che si consumano senza contatto fisico, perché quest’uomo, un affermato odontotecnico, sobrio e silenzioso, si limita a masturbarsi davanti ai corpi nudi di ragazzi di strada, redivivi “ragazzi di vita” pasoliniani, che continuano a proliferare in alcuni contesti urbani dell’America Latina e non solo. Accade che l’odontotecnico incontra un ragazzo particolarmente scorbutico, difficile, ma con il quale stranamente instaura, dopo un primo fugace e violento incontro – il ragazzo lo deruba, per poi pentirsi – un rapporto come tra padre-figlio, ben presto destinato a diventare amore.

Ma l’uomo, proprio sul più bello, si tira indietro, lasciando di stucco lo spettatore, ormai invogliato a credere a un lieto fine. Ma perché accade questo? Perché l’adescatore sembra essersi servito subdolamente del ragazzo, facendolo dapprima affezionare a lui, per poi usarlo come killer di suo padre, famoso banchiere, che spia da tempo e verso il quale serba un profondo rancore. Il film termina con l’arresto del ragazzo che uccide il vecchio genitore dell’odontotecnico come fosse un estremo gesto d’amore, ma quello che sconcerta è che è lo stesso committente a denunciare il ragazzo alla polizia.
Analizzando in via freudiana il film, possiamo ipotizzare che non avendo avuto un padre a livello affettivo o addirittura avendo subito una grave violenza che il regista ci preclude dal far intendere, l’odontotecnico si nega l’amore – di cui pur avrebbe disperato bisogno – uccidendo non un ragazzo reale, ma il “ragazzo ideale” che è in lui,fantasma sospeso. C’è chi ha definito questo film una “indecente porcellonata” (Massimo Bertarelli per “Il Giornale”) magari riferendosi solo alla tematica scabrosa (ma per chi?), altri invece – la pellicola ha ricevuto il Leone d’Oro all’ultima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia – lo hanno definito un film puro, addirittura neo-realistico, o neo-pasoliniano. Pur non essendo d’accordo nell’uso sconsiderato di termini quali appunto neo-pasolinano, neo-viscontiano, neo-fassbinderiano, non si può negare che questo primo lungometraggio del venezuelano Lorenzo Vigas non sia un prodotto valido, anzi, molto valido e per motivi che scavalcano una mera critica estetica. Pur non avendo infatti il registro di film costruttivi, quale potrebbe essere ad esempio “Precious” di Lee Daniels (2009), ma di natura passiva, ovvero distruttiva, o se si preferisce solo descrittiva, questo *Io ti guardo* si colloca in una sorta di filone psicologico profondo. Non hanno importanza la pochezza di fotografia e scenografia, preferisco infatti di gran lunga un film visivamente povero ma carico di significati che il contrario. In sovraimpressione il disagio di certe realtà povere e l’incompletezza dell’esistenza, nonché certi meccanismi di rancore e di passione che la vita ti scaglia addosso, senza mollare la presa. È tremendo il senso del destino in questo film senza fronzoli, dove si può assaporare quasi il sudore della pelle dei protagonisti, inzuppati di vita, fino al collo. Sottolineo che questo non è un film di omosessualità, di disagio esistenziale, di denuncia sociale … ma piuttosto un opera suicidale.
Molto bravi sia Alfredo Castro nella parte dell’odontotecnico, che il giovane “marchettaro” Luis Silva.

IGNAZIO GORI

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